Il contrasto al caporalato attraverso il reato di intermediazione illecita di manodopera con sfruttamento del lavoro

Con l’approvazione (il 1° agosto 2016 al Senato) del disegno di legge A.S. 2217/2016 torna sulla scena legislativa italiana una speciale attenzione al contrasto del caporalato interrotta nel 2011.

 

La lotta al caporalato

 

L’odioso fenomeno del “caporalato” rappresenta una forma di drammatico sfruttamento del lavoro, in particolare in agricoltura e in edilizia, ma non di rado esteso anche al settore delle manifatture, presente in non poche aree del Paese, spesso collegato a comportamenti criminali e malavitosi connessi ad organizzazioni mafiose.

Il contrasto al caporalato è stato per lungo tempo un punto fermo della legislazione in materia di lavoro, che sanzionava penalmente, ancor prima della introduzione dell’ipotesi di delitto in esame, sia il “caporale” che i datori di lavoro che sfruttano i lavoratori “reclutati”.

Non così, invece, per effetto della depenalizzazione di cui al d.lgs. n. 8/2016 e della riforma dei contratti di lavoro operata dal d.lgs. n. 81/2015, per cui dal 6 febbraio 2016 permane penalmente sanzionata soltanto una delle situazioni illecite tipicamente riconducibili al caporalato, vale a dire l’intermediazione illecita con finalità di lucro (il caporalato di primo livello, come ad esempio la “raccolta” nei cosiddetti “smorzi” nel Lazio), al contrario è stata trasformata in illecito amministrativo l’interposizione illecita (il caporalato di secondo livello, cioè l’effettivo impiego dei lavoratori “reclutati” dal caporale da parte degli imprenditori edili ed agricoli), mentre la somministrazione fraudolenta è stata addirittura abolita (abolitio criminis), senza neppure una reductio di sanzionabilità almeno in sede amministrativa.

 

Le modifiche proposte al delitto di intermediazione con sfruttamento

 

L’art. 12 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ha introdotto nel codice penale gli articoli 603bis e 603ter volti a punire il delitto di intermediazione illecita di manodopera con sfruttamento del lavoro: su tale assetto normativo si accinge ad intervenire il Legislatore con l’approvazione definitiva del ddl AS 2217/2016, ora all’esame della Camera come AC 4008/2016, che reca norme “in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura”.

Il legislatore del 2011, introducendo nel codice penale il nuovo art. 603bis c.p., faceva tornare ad essere protagonista del diritto del lavoro, dopo lunghi decenni, una fattispecie delittuosa inserita nel codice penale, appunto, connotandone la collocazione nel Titolo XII del Libro II che annovera i «delitti contro la persona», all’interno della Sezione I, rubricata «Dei delitti contro la personalità individuale», del Capo III, intitolato «Dei delitti contro la libertà individuale», con ciò riconoscendo assoluto valore, in ottica costituzionale, alla tutela della persona e della personalità del lavoratore e dei suoi diritti di libertà.

 

In questo contesto il ddl AS 2217/2016, in adesione al dettato della Carta Costituzionale, rilancia la funzione sociale del lavoro, caratterizzato dalla più ampia tutela e protezione del lavoratore, declinando il binomio essenziale della regolarità e della sicurezza del lavoro. Una funzione sociale valorizzata in ragione della tutela dei diritti di personalità del lavoratore e della possibilità per ciascun individuo di realizzarsi attraverso il raggiungimento dei propri obiettivi di vita personali, garantita dalla repressione di qualsiasi fattispecie di intermediazione illecita di manodopera con sfruttamento dei lavoratori, a fronte dello stato di bisogno o di necessità degli stessi, anche con ricorso a violenza, minaccia o intimidazione, con una riscrittura della ipotesi di reato prevista dall’attuale art. 603bis c.p. che risulta costruita con vincoli normativi che ne definiscono, e in larga misura ne limitano, l’ambito concreto di applicazione.

 

Così, per effetto dell’art. 1 del ddl AS 2217/2016, viene riscritto il reato di cui all’art. 603bis c.p., differenziandolo in due fattispecie delittuose distinte:

– la prima, punita con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore, per aver reclutato manodopera da destinare al lavoro presso altri in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, nonché per aver assunto, utilizzato o impiegato manodopera, anche dopo intermediazione, assoggettando i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno;

– la seconda, punita con la reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore, quando i fatti di intermediazione, assunzione, utilizzazione o impiego sono commessi mediante violenza o minaccia.

 

La norma poi conferma gli indici di sfruttamento già in vigore sostituendo, tuttavia, la difficile condizione di “sistematicità” con la “reiterazione” della condotta relativa alla corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dai contratti collettivi o comunque sproporzionate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla violazione della normativa relativa all’orario di lavoro e ai tempi di riposo.

Ribadita è anche l’aggravante speciale che opera nel caso in cui i lavoratori reclutati sono più di tre oppure quando almeno una delle persone intermediate è un minore in età non lavorativa o, infine, se i lavoratori intermediati sono stati esposti a situazioni di grave pericolo.

L’art. 2del ddl AS 2217/2016 prevede l’introduzione di due nuovi articoli nel codice penale, con la finalità di rendere più efficace l’applicazione del reato di intermediazione illecita con sfruttamento della manodopera previsto dall’art. 603-bis, a contrasto del caporalato, in particolar modo (ma non solo) nel settore agricolo.

 

In questa prospettiva, dunque, si intende inserire nel codice penale il nuovo art. 603-bis.1, rubricato “Circostanza attenuante”, per sancire che la pena è diminuita da un terzo a due terzi per chi, nel rendere dichiarazioni su quanto a sua conoscenza, si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a ulteriori conseguenze ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o giudiziaria per la raccolta di prove decisive per individuare o catturare i concorrenti o infine per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. Una circostanza attenuante ad effetto speciale, quale utile tentativo per provare ad abbattere il muro di omertà che ordinariamente protegge le fattispecie criminose del caporalato.

 

Analogamente si prevede l’introduzione del nuovo art. 603-bis.2. (rubricato “Confisca obbligatoria”, per sancire l’obbligo di confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto (salvo che appartengano a persona estranea al reato) in tutti i casi di condanna, ma anche di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., per il delitto di intermediazione illecita con sfruttamento della manodopera di cui all’art. 603-bis c.p., estendendo in ciò ad una ipotesi di reato in materia di lavoro quanto già previsto dall’art. 20, comma 4, della legge n. 689/1981 per le violazioni amministrative gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro (per effetto dell’art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 187/2010, convertito dalla legge n. 217/2010). Sono fatti espressamente salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno. La norma d’altra parte introduce anche la confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato se non è possibile la confisca delle cose che furono destinate alla commissione del reato o ne furono prodotto o profitto.

 

Una prospettiva di efficacia e di effettività si coglie nell’art. 3 del ddl n. 2217/2016 AS il quale stabilisce che nei procedimenti per i reati di intermediazione illecita con sfruttamento della manodopera di cui all’art. 603-bis c.p.,se l’interruzione dell’attività imprenditoriale può comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico dell’azienda,sia disposto dal giudice il controllo giudiziario dell’azienda (ex art. 321, comma 1, c.p.p.), anziché il sequestro, con contestuale nomina di uno o più amministratori giudiziari per la rimozione delle condizioni di sfruttamento, chiamati a regolarizzare i lavoratori che prestavano la propria attività lavorativa in assenza di un regolare contratto e ad adottare adeguate misure, anche in difformità rispetto a quelle proposte dall’imprenditore, per impedire che le violazioni possano ripetersi.

 

Sempre in tema di confisca l’art. 5 del ddl n. 2217/2016 AS prevede una specifica modifica all’art. 12-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 306/1992, convertito dalla legge n. 356/1992, per estendere la confisca anche al denaro, ai beni o alle altre utilità di cui il condannato per il delitto di intermediazione illecita con sfruttamento della manodopera non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere comunque la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

 

Sotto altro profilo, l’art. 4 del ddl n. 2217/2016 AS estende l’arresto obbligatorio, ai sensi dell’art. 380 c.p.p., anche al delitto di intermediazione illecita con sfruttamento della manodopera, per il quale l’articolo 6 del ddl n. 2217/2016 AS introduce anche la responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 (con modifica dell’elenco di reati previsto dall’art. 25-quinquies, comma 1, lettera a).

 

Infine, l’art. 7 del ddl n. 2217/2016 AS estende alle vittime del delitto di intermediazione illecita con sfruttamento della manodopera le tutele del Fondo previsto dalla legge n. 228/2003 per le vittime della tratta, in considerazione della omogeneità dell’offesa ricevuta.

 

 

Pierluigi Rausei

ADAPT Professional Fellow e Docente di Diritto sanzionatorio del lavoro (*)

@RauseiP

 

(*) Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.

 

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