I tirocini extracurriculari: criticità e prospettive

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Bollettino ADAPT 13 dicembre 2021, n. 44

 

A riprova del fatto che l’utilizzo, spesso abusato, del tirocinio extracurriculare si sta allontanando dal proprio fine orientativo-formativo, prendendo sempre più le forme di un “cuscinetto” di politica attiva adoperato nel tentativo di migliorare i dati sul mercato del lavoro, può essere utile guardare a due aspetti, tra loro collegati, che sono rappresentativi dello stato dell’arte dei tirocini negli ultimi anni, in particolare a seguito dell’introduzione di Garanzia Giovani: la tipologia di tirocinanti e i soggetti promotori.

 

Un primo dato da sottolineare è che tra il 2014 e il 2019 il 45% dei tirocinanti under 30 è ricorso al tirocinio extracurriculare come primo ingresso nel mondo del lavoro, confermando quindi l’impressione di come questo strumento rappresenti per molti giovani un primo appiglio, quasi inevitabile, per transitare in un’azienda. Nel complesso, i tirocini avviati riguardano per il 69% disoccupati o inoccupati, mentre solo nel 17% dei casi si tratta di neodottorati, neolaureati, neodiplomati e neoqualificati. Un dato dal retrogusto amaro che viene accentuato se si considera il fatto che nella riorganizzazione delle linee guida Stato-Regioni operata nel 2017 in materia di tirocini extracurriculari scompare la distinzione tra il tirocinio formativo e di orientamento, destinato a soggetti che hanno conseguito un titolo di studio entro e non oltre dodici mesi, e il tirocinio di inserimento/reinserimento lavorativo, rivolto principalmente a disoccupati (anche in mobilità) e inoccupati, il tutto a favore di un assembramento delle diverse tipologie sotto l’unica categoria di tirocinio extracurriculare.

 

Un’operazione che nei fatti ha portato il primo tipo (formativo e orientativo) a confluire nel secondo tipo (inserimento/reinserimento lavorativo), mettendo sullo stesso piano la categoria dei disoccupati e quella, ben diversa, di coloro che hanno conseguito un titolo di studio, secondario superiore o terziario, e che sono alla ricerca di un periodo di formazione e orientamento post-laurea/diploma. Essendo però la regolazione del tirocinio sotto competenze esclusiva delle Regioni, è qui bene ricordare che in alcuni casi, con riferimento al Friuli Venezia Giulia, alla Liguria, alla Sardegna, alla Sicilia, alla Toscana, al Veneto e alla Provincia Autonoma di Bolzano, si è optato per mantenere la distinzione tra tirocinio formativo e di orientamento e tirocinio di inserimento/reinserimento lavorativo, avvalendosi del diritto, garantito anche dallo strumento giuridico dell’accordo delle linee guida, di preservare l’autonomia normativa regionale sul tema, costituzionalmente riconosciuta (si veda il contributo di A. Alcaro, E. Paganini, L. M. Pelusi, Tirocini: l’efficacia giuridica delle linee guida, in A. Alcaro, E. Paganini, L. M. Pelusi, M. Tiraboschi (a cura di), Tirocini extracurricolari: i primi recepimenti regionali delle linee guida del 25 maggio 2017, Adapt University Press, 2017, pp. 26-31). Osservando i dati del secondo monitoraggio Anpal sui tirocini extracurriculari tra il 2014 e il 2019, è inoltre possibile osservare, in linea con le percentuali delle tipologie di tirocinanti e con lo sbiadirsi della vocazione orientativo-formativa dello strumento, come i tirocini attivati per l’inserimento e il reinserimento lavorativo rappresentino la stragrande maggioranza del totale, con il 76,7%. A seguire, si colloca la quota di tirocini formativi e di orientamento con solo il 20%. Un quadro che dice di un forte utilizzo di questo strumento nel tentativo di reinserire nel mercato del lavoro i soggetti più in difficoltà (disoccupati, magari da tempo) piuttosto che formare ed orientare coloro che hanno da poco concluso il periodo di studi, favorendone la transizione nel mondo del lavoro.

 

Guardando invece ai soggetti promotori è possibile osservare come la maggioranza dei tirocini siano stati attivati dai servizi per l’impiego e dalle agenzie regionali per il lavoro (36,2%), nonché dai soggetti autorizzati all’intermediazione (19,5%). A grande distanza si collocano le università e gli istituti scolastici che hanno rappresentato rispettivamente il 5% e l’1,2% dei tirocini attivati. Inoltre, la quota di attivazione di tirocini di quest’ultime per anno è passata dall’8,9% al 3,8%, tra il 2014 e il 2019. Mentre raddoppia nello stesso periodo quella dei soggetti autorizzati all’intermediazione, che passa dal 12,7% al 25,7%. Ciò sembra rivelare come nel quinquennio le università e le scuole abbiano “perso terreno” su questo fronte, attraverso una progressiva riduzione della percentuale, lasciando il campo della gestione della transizione scuola-università-lavoro all’azione di altri enti. Considerando la classifica generale dei soggetti promotori, va però reso merito ai centri di formazione professionale e/o orientamento (pubblici e privati), che si collocano in seconda posizione per numero di tirocini attivati (383.643, tra il 2014-2019), spiccando nel mondo dell’istruzione e della formazione come gli unici impegnati, con numeri significativi, sul fronte del dialogo tra “scuola” e “impresa”, fondamentale per favorire l’occupabilità dei giovani, anche attraverso l’utilizzo del tirocinio extracurriculare. Tuttavia, va riconosciuto che i servizi per l’impiego rappresentano il soggetto promotore con la quota maggiore per quasi ogni tipologia di tirocinanti, ad esclusione, ad esempio, dei neolaureati per cui l’università è il soggetto promotore nel 42% dei casi. Dato senz’altro positivo, se non fosse che complessivamente i tirocini attivati dagli istituti terziari rappresentano il 5% del totale.

 

A fronte di questi dati, emerge come il volto del tirocinio extracurriculare sia sempre più corrispondente a quello di uno strumento che, nella realtà dei fatti, più che un mezzo volto alla formazione e all’orientamento di un giovane, è prevalentemente inteso come la possibilità di adoperare lavoro basso costo da parte di persone che difficilmente riuscirebbero ad entrare per altre vie. Per quanto concerne i soggetti promotori, almeno sulla carta, i servizi per l’impiego sembrano dimostrarsi i veri registi delle transizioni nel mercato del lavoro delle persone (quantomeno dei tirocinanti). A questo proposito, va sottolineato che sono probabilmente le agenzie private, più che i centri per l’impiego (guardando ai dati rapporto Anpal sui Cpi), a rappresentare, almeno a livello numerico, i soggetti più attivi, grazie anche alla spinta avuta dal programma come Garanzia Giovani, che tuttavia non è riuscita a fare gli stessi numeri con l’apprendistato. Tuttavia, occorre altresì vigliare su forme di intermediazione non del tutto autorizzate che si fanno promotrici di tirocini senza alcuna valenza formativa anche per posizioni lavorative che non richiedono formazione per essere svolte, dando adito ai molti sospetti circa un utilizzo spesso abusato dello strumento (si veda M. Tiraboschi, Prefazione, in A. Alcaro, E. Paganini, L. M. Pelusi, M. Tiraboschi (a cura di), Tirocini extracurricolari: i primi recepimenti regionali delle linee guida del 25 maggio 2017, Adapt University Press, 2017, pp. IX-XII; tema, quello del basso contenuto formativo di molti tirocini, più recentemente ripreso anche su Il Sole 24 Ore).

 

Non da ultimo, fa specie il basso numero di tirocini extracurriculari attivati nell’ambito dell’istruzione e formazione “tradizionale” (università, scuole ecc.) che testimoniano la grande difficoltà degli istituti ad uscire dal proprio perimetro di azione per progettare, o quanto meno favorire, percorsi di efficace transizione dei giovani nel mondo del lavoro. Una situazione che fa da contraltare ai numeri ben più elevati dei centri di formazione professionale, che invece, dando il buon esempio, si dimostrano in grado di implementare gli strumenti a disposizione di raccordo tra il mondo dell’istruzione e il mondo del lavoro. È anche in questo quadro che si colloca la proposta, già riportata in un precedente contributo del bollettino, dell’abolizione del tirocinio extracurriculare, ad eccezione di quelli attivati nell’ambito di una convezione scuola/università/centri di formazione e impresa, e di un rafforzamento dei percorsi curriculari che, seppur nelle evidenti criticità evidenziate in una recente ricerca di Adapt sull’analisi dei Cv degli studenti universitari, rappresentano l’unica via, se ben progettata e accolta da tutti gli attori coinvolti, per preservare la vocazione formativa ed orientativa del tirocinio.  

 

Tommaso Galeotto

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@TommasoGaleotto

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