I danni collaterali del d.lgs. n. 148/2015

Il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, completata con l’emanazione del d.lgs. n. 148/2015, non è stata del tutto indolore e priva di danni collaterali. Se ne sono accorti in particolare i lavoratori addetti al settore artigiano che, a partire dall’entrata in vigore del provvedimento appena richiamato, avvenuta lo scorso 24 settembre, si sono ritrovati nell’impossibilità di continuare a percepire l’indennità di disoccupazione ASpI per lavoratori sospesi, a suo tempo stabilita dall’art. 3 comma 17 legge n. 92/2012.

 

Ma andiamo con ordine. L’art. 3 comma 17 della c.d. Riforma Fornero aveva previsto, in via sperimentale, per il triennio 2013-2015, per i lavoratori dipendenti di aziende non destinatarie di trattamenti di integrazioni salariali e sospesi per crisi aziendali o occupazionali, la possibilità di ricevere il trattamento di sostegno al reddito ASpI. Tale opportunità era subordinata all’intervento integrativo, stabilito nella misura minima di almeno il 20%, da parte dei fondi di solidarietà, fondi che, nel caso del settore artigiano sono di tipo alternativo.

 

I Fondi di solidarietà alternativi, di cui all’art. 3 comma 14 della stessa legge, avevano, infatti, quale finalità quella di prevedere «misure intese ad assicurare ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di lavoro, in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, correlate alle caratteristiche delle attività produttive interessate», nulla precisando la legge in ordine alle specifiche tipologie di intervento da predisporre per i lavoratori coinvolti.

 

La materia viene poi incisa dal decreto legislativo n. 148/2015, recentemente emanato.

Da un lato, viene sostituita la precedente disciplina dei fondi di solidarietà bilaterali alternativi. Ciò, in particolare, stabilendo al comma 3 dell’art. 27, che tali fondi dovranno assicurare «almeno una delle seguenti prestazioni: a) un assegno ordinario di durata e misura pari all’assegno ordinario di cui al (successivo) art. 30 comma 1; b) l’assegno di solidarietà di cui al (successivo) art. 31» e, al successivo comma 4, che, per effettuare tale adeguamento nelle prestazioni, i Fondi avranno tempo sino al 31 dicembre 2015.

Dall’altro, il decreto procede all’abrogazione della previgente disciplina relativa ai fondi di solidarietà, di cui alla legge n. 92/2012, compresa la previsione di cui all’art. 3 comma 17.

 

A seguito di tutto ciò, con il messaggio n. 6024 dello scorso 30 settembre 2015, l’Istituto nazionale di previdenza sociale, preso atto della superiore abrogazione, ha provveduto a comunicare come, «su parere concorde del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – l’Istituto non potrà più erogare prestazioni di “indennità di disoccupazione ASpI per lavoratori sospesi” per le giornate di sospensione intervenute dal 24 settembre 2015, giorno di entrata in vigore del predetto decreto».

 

Pertanto, i lavoratori interessati da una sospensione dell’attività lavorativa per i quali era stata attivata la misura stabilita all’art. 3 comma 17 della legge n. 92/2012 non solo non riceveranno più alcun sostegno al reddito, rispetto alle domande già inviate all’INPS, per le giornate di lavoro successive al 23 settembre, ma non potranno più accedere al trattamento in tutti i casi in cui la sospensione dell’attività di lavoro sia successiva alla stessa data. E ciò, in aperto contrasto con quanto a suo tempo stabilito dalla Riforma Fornero, rispetto ai tempi della sperimentazione della misura, prevista per tutto il 2015.

 

In questo caso, poi, le conseguenze potrebbero essere ancora peggiori, laddove a quelle “dirette”, di mancata erogazione del sussidio, dovessero aggiungersi quelle “indirette”, legate alla decisione, che i datori di lavoro potrebbero decidere di adottare, di procedere con il licenziamento dei lavoratori sospesi, stante l’impossibilità di sostenere la continuità dei rapporti di lavoro.

 

Non ci può non osservare come sorgano dubbi sulla legittimità giuridica delle previsioni appena riportate. Infatti, se è pur vero che il legislatore ha previsto, per i Fondi di solidarietà in oggetto, l’obbligo di dotarsi di una misura di sistema volta a tutelare i lavoratori che si trovano in una situazione di sospensione dell’attività produttiva, deve anche rilevarsi come questo strumento non solo sia ancora tutto da creare, ma come i tempi di implementazione dello stesso dipendano, in parte dalla bilateralità e, in parte, dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che sarà chiamato a rendere operative le modifiche effettuate al Regolamento del Fondo.

 

Sotto un altro punto di vista, inoltre, si può notare come l’operatività della misura sperimentale stabilita al comma 17 era condizionata, oltre che all’intervento della bilateralità, esclusivamente dal permanere di risorse finanziarie da erogate, risorse che sono a tutt’oggi disponibili e che non possono più essere distribuite per via dell’intervenuta abrogazione.

 

Di primo acchito, quindi, sembrerebbe che l’intervento di abrogazione abbia solo comportato il venir meno di tutele già previste, anche se in modo sperimentale, per i lavoratori coinvolti, cosa che sarebbe stata facilmente evitabile prevedendo l’abrogazione dell’art. 3 comma 17 legge n. 92/2012 a far data dal 01 gennaio 2016.

 

La scelta del Ministero, poi, di bloccare e non erogare, o erogare solo parzialmente, misure il cui pagamento era stato già approvato appare criticabile. Se è vero che il d.lgs. n. 148/2015 ha abrogato la disciplina in esame, è anche vero che detta abrogazione riguarda esclusivamente, a far data dall’entrata in vigore del decreto stesso, la possibilità di stabilire nuove prestazioni da erogare e non anche il privare i lavoratori di quelle già approvate con atti amministrativi.

 

In particolare, infatti, l’abrogazione della norma di legge non determina, di per sè, l’abrogazione degli atti e delle delibere con cui l’INPS ha approvato l’erogazione delle misure, specie laddove queste sono state correttamente adottate in un periodo precedente all’emanazione del decreto in oggetto e, quindi, in piena vigenza della legge n. 92/2012.

Forse sarebbe stato più opportuno prevedere, come già accaduto per altri strumenti di sostegno al reddito, un periodo di transitorietà, con una disciplina ad hoc per regolare gli effetti che il nuovo decreto legislativo ha sulla materia.

 

Inutile dire come un agire in tali termini comporta inevitabilmente il vacillare della fiducia nelle istituzioni da parte di tutto il sistema produttivo, fiducia che si è duramente cercato di ricostruire in questi ultimi mesi. Datori di lavoro, lavoratori e parti sociali, infatti, preso atto della decisione del Ministero, stanno già “rimboccandosi” le maniche per trovare una soluzione rapida e concreta ai danni collaterali generati dall’intervento di riordino della normativa, ma, da oggi, guarderanno sicuramente con una certa diffidenza alle prossime misure sperimentali che il Governo deciderà di adottare.

 

Daniela Del Duca

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@DelducaD

 

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