I 112 euro dei metalmeccanici: il bilanciamento tra IPCA e innovazione organizzativa

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Bollettino speciale ADAPT 25 febbraio 2021, n. 1

 

In data 5 febbraio 2021, Federmeccanica Confindustria e Assistal Confindustria, insieme alle organizzazioni sindacali Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, hanno rinnovato il contratto dei metalmeccanici stabilendo un aumento retributivo per la vigenza contrattuale, fino al 30 giugno 2024, pari a 112 euro, suddiviso in quattro tranche, con decorrenza 1° giugno 2021.

 

L’ipotesi di accordo di rinnovo, almeno per la qualificazione e quantificazione dell’aumento TEM, presenta alcuni elementi di novità rispetto al passato accordo.

 

In premesse va sottolineato che, nei sistemi Confindustria, le Confederazioni hanno stabilito, per mezzo del Patto della Fabbrica dell’8 marzo 2018, che l’incremento del trattamento economico minimo (TEM) si adatti in funzione degli scostamenti registrati nel tempo dall’IPCA al netto dei prezzi dei beni energetici importati come calcolato annualmente dall’ISTAT, tenuto conto che esse si sono riservate comunque la possibilità di modificare il valore del TEM in ragione dei processi di trasformazione e o di innovazione organizzativa.

 

Entrando maggiormente nel vivo dell’accordo di rinnovo 2021, si evidenzia che le parti, seppur confermando la suddetta impostazione, hanno convenuto che per la vigenza del contratto, il TEM, oltre che per la dinamica IPCA, è incrementato di una ulteriore componente in considerazione della rilevante innovazione organizzativa determinata dalla riforma dell’inquadramento, come indicato dal Patto della fabbrica al punto 5, lettera H) in cui, come detto in precedenza, viene previsto che “il contratto collettivo nazionale di categoria, in ragione dei processi di trasformazione e/o di innovazione organizzativa, potrà modificare il valore del TEM”.

 

Pertanto, nei mesi di giugno 2021, 2022, 2023 e 2024, verranno riconosciuti degli incrementi retributivi lordi che, prendendo a riferimento a via esemplificativa la (ex) categoria 5 corrispondente al (futuro) livello C3, ammontano a 25 euro da giugno 2021, 25 euro da giugno 2022, 27 euro da giugno 2023 e 35 euro da giugno 2024, per un totale complessivo di 112 euro per la vigenza contrattuale.

 

Il presente accordo è frutto di una sintesi di proposte che imprese e sindacati avevano già avanzato. Nella piattaforma unitaria presentata nel 2019 per il rinnovo del contratto, le organizzazioni sindacali chiedevano un incremento del TEM dell’8% per il trienno 2020-2022, pari per la (ex) categoria 5 a circa 145 euro, mentre Federmeccanica e Assistal il 26 novembre 2020 hanno presentato una proposta per il rinnovo del contratto in cui proponevano 65 euro, suddivise in tre tranche, di aumento del “Trattamento Retributivo Complessivo”, così denominato poiché composto sia dai minimi contrattuali calcolati sulla base dell’IPCA ex-post, sia da un “Elemento di Valorizzazione del Lavoro” ovvero la (eventuale) differenza tra gli importi prestabiliti nelle tre tranche e la quota di minimo contrattuale suddetto.

 

In precedenza, l’aumento dei minimi tabellari era strettamente connesso alla sola dinamica IPCA. Infatti, a decorrere dal 2017, nel mese di giugno di ciascun anno di vigenza del CCNL, i minimi contrattuali venivano adeguati “sulla base della dinamica inflativa consuntivata misurata con l’IPCA al netto degli energetici importati così come fornita dall’Istat applicata ai minimi stessi” (p. 161, CCNL Metalmeccanici del 26 novembre 2016). Questo proprio in ragione del fatto che l’Accordo Quadro del 22 gennaio 2009 facesse rifermento, per l’aumento dei minimi tabellari, al solo indice IPCA.

 

Concretamente, a seguito dell’accordo di rinnovo del 26 novembre 2016, nel settore metalmeccanico le parti hanno siglato annualmente dei verbali di incontro per l’incremento dei minimi tabellari e, nel 2020, anche a contratto scaduto, in ragione del principio di ultrattività contrattuale, si è assistito ad un accordo in merito all’incremento TEM basato sul valore dell’indice IPCA realizzato dell’anno precedente (2019), così come calcolato dall’ISTAT nella comunicazione dell’8 giugno 2020, che per la (ex) quinta categoria si è attestato intorno ai 12 euro.

 

Dunque, a partire da questo accordo del 2021 e per la vigenza contrattuale, anche in virtù delle modifiche del Patto della Fabbrica intervenute tra la vecchia e la nuova intesa, il meccanismo di aumento del TEM del settore metalmeccanico sembrerebbe essere stato modificato, assumendo una rilevante importanza l’elemento dell’innovazione organizzativa strettamente legata al nuovo sistema di inquadramento.

 

Un ulteriore elemento di novità andrebbe riscontrato nella previsione per cui, in sede di ridefinizione annuale della quota TEM relativa alla dinamica dell’IPCA, nel caso in cui l’importo relativo all’adeguamento IPCA risultasse superiore agli importi degli incrementi retributivi complessivi di riferimento per ogni singolo anno, individuati dal contratto, i minimi tabellari saranno adeguati all’importo risultante.

 

In controtendenza rispetto al passato, la componente di incertezza legata allo scostamento tra l’IPCA previsionale e quello realizzato viene in qualche modo ridimensionata. Infatti, anzitutto, le parti hanno espressamente previsto che il valore dell’IPCA realizzato potrà incidere effettivamente sul valore complessivo dell’aumento TEM solo nella misura in cui “risultasse superiore agli importi degli incrementi retributivi complessivi di riferimento per ogni singolo anno individuati dal contratto”.

 

In via esemplificativa, prendendo a riferimento l’anno 2021 e il livello di inquadramento C3, per verificarsi un aumento dei 25 euro prestabiliti, l’IPCA realizzato nel 2020, ad oggi in via previsionale pari a 0,4%, dovrebbe attestarsi ad un livello superiore al 1,37%, ovvero si dovrebbe realizzare uno scostamento di oltre tre volte tra IPCA previsionale e realizzato.

 

Quello che emergerebbe, dunque, è che le parti sembrerebbero aver voluto dare un chiaro segnale interpretativo a livello settoriale del Patto della Fabbrica, risolvendo il nodo dell’incremento retributivo in una direzione che punta verso la loro autonomia negoziale, in un’ottica di raggiungimento dell’equilibrio generale del contratto.

 

In conclusione, differentemente dal rinnovo 2016, le parti sembrerebbero aver preferito, almeno per la vigenza contrattuale di questo nuovo accordo, adottare tecniche finalizzate all’individuazione del TEM, e dei suoi incrementi, che permettano di diluire quel legame così stretto tra variazione TEM ed incerte dinamiche inflattive. Anche in altri rinnovi avvenuti di recente, il rapporto tra incrementi retribuitivi e indici IPCA non risulta strettamente connesso (v. R. Schiavo, Il difficile rapporto tra inflazione e aumento delle retribuzioni nella contrattazione collettiva, in Bollettino ADAPT 14 dicembre 2020, n. 46).

 

L’incremento del TEM stabilito come soglia minima fino al 2024, significativamente superiore rispetto agli indici IPCA che l’ISTAT ha comunicato, seppur in via previsionale, garantirà una maggiore sicurezza in termini di retribuzione e una minore propensione al rischio di ingenerare particolari sorprese durante la vigenza contrattuale. Nonostante, oggi più che mai, del doman non v’è certezza.

 

Stefano Rizzotti

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ste_rizzotti

 

Ruben Schiavo

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ruben_schiavo

 

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