Gli ITS: un’opportunità per giovani, imprese e territori

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Introdotti nel 2008, ma operativi dal 2011, gli ITS sono percorsi di formazione terziaria, caratterizzati per l’elevata specializzazione tecnologica dei corsi che li compongono e per l’effettiva applicazione del modello dell’alternanza scuola-lavoro, incoraggiata da una forte connessione tra mondo scolastico/universitario, mondo del lavoro e territorio. Tale connessione è forse il perno attorno al quale gira il successo degli ITS, tant’è che la percentuale di occupati a 12 mesi dal diploma è pari all’80% (fonte: indire).

 

Il dialogo tra mondo produttivo, mondo scolastico/universitario e territori è evidente già dalla struttura giuridica degli Istituti stessi, delineata dal d.P.C.M. del 25 gennaio 2008. Gli ITS sono infatti delle fondazioni di partecipazione, di cui è obbligatorio che siano soci almeno un istituto tecnico o professionale, una struttura formativa accreditata dalla Regione per l’alta formazione, un’impresa del settore produttivo cui si riferisce l’istituto tecnico superiore, un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologia, un ente locale.

 

Inoltre, la costituzione degli ITS è materia di esclusiva competenza regionale, nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa triennale. Infatti, allo scopo di creare dei canali di formazione sul territorio che siano coerenti con i fabbisogni e le peculiarità del territorio stesso, sono le Regioni a deliberare gli indirizzi in cui possono articolarsi gli ITS, attenendosi alle aree tecnologiche indicate dal legislatore nazionale:

 

  1. Efficienza energetica;
  2. Mobilità sostenibile;
  3. Nove tecnologie della vita;
  4. Nuove tecnologie per il made in Italy;
  5. Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali;
  6. Tecnologie della informazione e comunicazione.

Le aree tecnologiche, a loro volta, si articolano in ambiti, espressamente definiti dal decreto interministeriale del 7.09.2011, all’interno dei quali sono già descritte le figure in uscita e le relative macro-competenze. Le singole fondazioni ITS potranno poi declinare ulteriormente le figure in uscita dai percorsi, a seconda dei fabbisogni professionali e del tessuto produttivo del territorio in cui si inseriscono, tenendo conto che in ogni regione vi può essere un solo ITS per ciascun ambito in cui si articolano le aree tecnologiche.

 

Ad esempio, l’area “nuove tecnologie per il made in Italy” comprende cinque ambiti diversi: sistema agroalimentare, sistema casa, sistema meccanica, sistema moda, servizi alle imprese.  Prendendo in considerazione il sistema meccanica, le possibili figure in uscita sono: il tecnico superiore per l’innovazione di processi e prodotti meccanici; il tecnico superiore per l’automazione e i sistemi meccatronici. Queste due figure possono essere a loro volta maggiormente specializzate dalle singole Fondazioni ITS.

 

La struttura dei corsi ITS è poi indice della stretta connessione con il mondo del lavoro. Infatti, delle 1800 o 2000 ore complessive di cui si compone un corso ITS – che si articolano generalmente in due anni -, almeno il 30% è obbligatorio che si svolga in tirocinio curriculare in aziende del settore di riferimento dell’ITS. Facendo l’esempio di un corso ITS di 2000 ore, quindi, almeno 600 dovranno essere svolte in azienda. Supponendo che il corso sia biennale, si tratterebbe di circa 4 mesi minimi di tirocinio curriculare in due anni. È evidente dunque lo stretto collegamento con il mondo del lavoro, ma anche il diverso focus del percorso rispetto agli studi universitari, maggiormente improntato ad un approccio immediato e competente con il mondo del lavoro.

 

Le ore restanti si articolano in attività teoriche, pratiche e di laboratorio, i cui contenuti sono delineati in competenze comuni (linguistiche, scientifiche, economiche, etc.) e tecnico-professionali, riguardanti la specifica figura di tecnico superiore in uscita dal percorso. Non bisogna poi tralasciare che almeno il 50% dei docenti del corso è obbligatorio che provenga dal mondo del lavoro. La restante componente docente sarà di provenienza sia scolastica, che universitaria, che dell’alta formazione in generale.

 

Da non sottovalutare è la possibilità di svolgere il percorso, o parte di esso, in apprendistato di alta formazione. Essendo il numero di ore totali non eccessivo nei due anni e prevedendo già che una consistente parte di queste si svolga in azienda, l’apprendistato di alta formazione si presenta quasi come un’evoluzione naturale del percorso.

 

Proviamo ad ipotizzare un possibile percorso in apprendistato. Dopo un primo anno di formazione, svolto in modo tradizionale, con circa due mesi di tirocinio a fine anno formativo (tra maggio e giugno), l’azienda ospitante il tirocinio può valutare, per il successivo anno di corso, di avere lo studente a disposizione non solo per i restanti mesi di tirocinio, ma per l’intero ultimo anno formativo. Lo studente potrebbe quindi lavorare in azienda al mattino e frequentare i corsi al pomeriggio, fino al conseguimento del titolo (all’incirca nel mese di giugno/luglio). L’azienda avrebbe quindi una risorsa altamente specializzata, già formata e lo studente, oltre ad essere già inserito nel mondo del lavoro, avrebbe ricevuto una formazione di elevata qualità poiché perfettamente integrante teoria e pratica.

 

A chi si rivolge un percorso ITS? Comunemente si dice che gli ITS siano percorsi a metà strada tra il diploma e l’università. A questi infatti può accedere chiunque sia in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore, a prescindere dall’età, e nulla osta a che, una volta terminato questo percorso, il diplomato ITS prosegua con un percorso universitario oppure si immetta direttamente nel mercato del lavoro. È chiaro però che, vista la struttura del corso, si tratta di percorsi maggiormente incentrati verso un immediato sbocco lavorativo, trattandosi oltretutto di figure richieste dal mercato.

 

È per la platea a cui si rivolgono che spesso gli ITS vengono visti come dei “concorrenti” dei percorsi universitari e suscita curiosità, infatti, l’aver inserito in termini di obbligo e non di semplice opportunità proprio le università tra i soggetti soci delle fondazioni ITS, che spesso si mostrano infatti poco interessate a progetti del genere perché visti in termini concorrenziali, insistendo sullo stesso bacino di potenziali studenti.

 

Il titolo rilasciato da questi percorsi è un diploma di Tecnico Superiore altamente specializzato nell’ambito tecnologico cui appartiene l’ITS. Come evidenziato dal professor Federico Butera nel working paper n. 05/2017, Costi e benefici della partecipazione delle imprese ai progetti ITS, realizzato per Assolombarda, i tecnici superiori si vengono a trovare in un’area cruciale per le industrie italiane, in quanto possono svolgere ruoli tecnici specialistici, ma anche ruoli di capi intermedi: si tratta di ruoli, mestieri e professioni che operano nei processi di realizzazione di prodotti di alta gamma e di servizi di alta qualità e che contribuiscono a integrare processi, tecnologie, attività altamente complesse e indipendenti.

 

Sono proprio queste qualità che dovrebbero spingere le imprese ad investire sui percorsi ITS. Per poter reggere la competizione con i Paesi dove il costo del lavoro è basso, osserva il professore, bisogna aggiungere valore alla manifattura, integrando prodotti e servizi di alto valore. Ed è proprio questa la missione che è in grado di compiere un tecnico superiore: utilizzare e sviluppare tutti i tipi di conoscenza, astratta e pratica, applicandola nel produrre prodotti e servizi eccellenti. Si tratta di profili che hanno un ruolo di ponte tra la teoria e l’operatività.

 

Ma cosa dovrebbe spingere un giovane neo-diplomato a scegliere un percorso ITS? La forte componente pratica, determinata sia dalla massiccia quantità di ore di docenza aziendale che dal consistente numero di ore di tirocinio, nonché dalla possibilità di svolgere il percorso in apprendistato, determinano due tipi di conseguenze. La prima è quella di apprendere delle competenze tecniche, specifiche e relative ad un determinato settore, coerenti con quanto appreso nel percorso educativo, declinabili in un vero e proprio “saper fare”; la seconda è la realizzazione della formazione integrale della persona. L’insieme di competenze tecniche e di competenze trasversali che la metodologia dell’alternanza scuola lavoro applicata a questi percorsi consente di sviluppare concorre alla formazione di un individuo in grado di partecipare attivamente alla società in cui vive.

 

 

Per ulteriori informazioni sugli ITS in Italia, dati statistici e dettaglio degli ITS esistenti nelle diverse Regioni si rinvia ai siti INDIRE e www.sistemaits.it.

 

Alessia Battaglia

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@_alebattaglia

 

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