Giudicatemi su ciò che farò

Caro Sergio, ho trovato molto intenso ed emozionante quello che hai scritto nel tuo editoriale in forma di lettera. Ti ringrazio per le parole affettuose che hai voluto dedicarmi, ricordando il senso dell’impegno politico e sindacale che ha caratterizzato la mia vita.

Non ci lega un’amicizia di lunga data, e non abbiamo un’abitudine a frequentarci, ma le volte che ci siamo incontrati e parlati ho avvertito sempre quella familiarità che unisce quelli della nostra generazione che hanno vissuto le passioni ideali, i valori dell’uguaglianza, le battaglie concrete per aiutare lavoratrici e lavoratori, donne e uomini che ciascuno di noi (io nel lavoro sindacale e tu disegnando le tue meravigliose storie, e tutti e due nell’impegno politico e civile) ha sempre cercato di rappresentare. Per la prima volta, oggi, mi trovo a ricoprire – anche io come te – un incarico nuovo e nuove responsabilità, che vivo però in perfetta continuità con l’esperienza della mia vita, con l’attenzione alla vita reale delle persone, ai bisogni e alle speranze, l’ascolto e il dialogo, la determinazione per trovare i punti che uniscono. Ho iniziato ora il mio lavoro da ministra e l’ho fatto impegnandomi subito. Ma queste prime giornate sono state – nel dibattito pubblico o meglio nel confuso chiacchiericcio che rischia di prendere lo spazio di un vero dibattito e che nasconde, mi pare, un attacco politico e culturale ben chiaro – anche dalle polemiche. Voglio fare chiarezza: c’è stata – evidentemente – una leggerezza, da parte mia, un errore nella cura e nella gestione del racconto di un passaggio della mia vita, quello del titolo di studio.

Ho fatto le scuole per diventare una maestra d’asilo, lavoro bellissimo che ho fatto da giovanissima per qualche anno. Poi ho frequentato, diplomandomi, la scuola che all’epoca formava gli assistenti sociali. Oggi questi percorsi di studio sono completamente cambiati e d’altra parte – per me come per te – la vita ha preso un’altra strada: la passione politica e l’impegno nel sindacato sono state le mie scelte di vita. So che molti tra le lettrici e i lettori dell’Unità hanno compiuto le stesse scelte nel tempo e molti di loro sono stati i miei compagni nella storia, difficile, bellissima e quotidiana, di questo Paese.

Di questa leggerezza, di questo errore, mi scuso, con tutte e tutti, soprattutto con coloro che fanno parte del mondo della scuola dell’università e della ricerca…

 

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