Garanzia Giovani: quando il manager diventa mentore

Autoimpiego e autoimprenditorialità. Questi erano i principali auspici dell’Unione europea quando ha messo a disposizione del nostro Paese circa 1,5 miliardi di euro a sostegno del Piano italiano di attuazione della Garanzia Giovani. Una maggiore diffusione della cultura d’impresa e lo sviluppo di competenze per l’imprenditività sono tasselli fondamentali per favorire l’employability, per creare le condizioni necessarie allo sviluppo di concrete opportunità occupazionali ovvero stimolare la creazione di nuove iniziative imprenditoriali.
 
Guardando la realtà nostrana si acquisisce consapevolezza dell’assenza di scuole in grado di «fornire le competenze utili a diventare imprenditori a tutti gli effetti». Vanno in questa direzione i Protocolli d’intesa firmati da Federmanager e Manageritalia con gli Assessorati regionali per il lavoro di Campania e Piemonte, nell’ambito dei quali viene delineata un’operazione sperimentale di welfare che coinvolge giovani da inserire nel mondo del lavoro e manager involontariamente disoccupati o neo-pensionati.
 
Una potenziale apertura verso nuovi scenari e opportunità, magari prima non conosciute o ritenute inaccessibili, per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, oltre che escamotage per combattere la dispersione di cultura manageriale e di elevate competenze professionali, un rischio sempre più tangibile alla luce della rilevante fuoriuscita di risorse manageriali verificatasi negli ultimi anni.
 
La finalità del Progetto è la medesima ma, chiaramente, l’iniziativa assume contorni e contenuti diversi a seconda del differente tessuto sociale e imprenditoriale su cui si va ad innestare. In Piemonte, ad esempio, l’obiettivo è, principalmente, quello di promuovere, da parte dei giovani, la creazione ed il consolidamento di start-up innovative, di stampo marcatamente tecnologico, con il supporto di manager mostratisi disponibili a svolgere attività di mentoring e di accompagnamento alla progettazione, per fornire ai neo start-upper la dovuta assistenza e renderli edotti circa gli aspetti amministrativi, organizzativi e gestionali relativi allo sviluppo dell’azienda, anche attraverso la realizzazione di incubatori aziendali. Questo passaggio preliminare consente, altresì, al discente di poter focalizzare, più agevolmente, i punti di forza e le possibili criticità della propria idea imprenditoriale. Da un punto di vista operativo in territorio piemontese il Progetto è in fase di avvio: i manager stanno seguendo anch’essi un percorso specifico per diventare formatori e carpire i segreti e gli strumenti del mentoring.
 
In Campania il progetto si sta sviluppando in alcune zone periferiche del napoletano, quali i quartieri di Scampia e Fuorigrotta. In tal caso i manager hanno realizzato incontri di orientamento e valutazione sulla personale propensione dei giovani all’autoimpiego in termini di motivazione ed attitudini, oltre che di diffusione del necessario bagaglio di conoscenze degli strumenti giuridici e finanziari necessari per strutturare e concretizzare l’idea imprenditoriale, anche ove si trattasse di attività imprenditoriali “correnti”, non necessariamente innovative.
 
Sul piano sostanziale e metodologico sono previsti, in fase preliminare, due incontri collettivi a cui dovrebbero far seguito degli incontri individuali di accompagnamento alla progettazione su richiesta. Nello specifico, il primo incontro Il mio sogno nel cassetto utilizza una metodologia prevalentemente interattiva che prevede l’uso di esercitazioni pratiche per porre il giovane nelle condizioni di esplorarsi in termini di motivazione, attitudini e valori professionali e di attivarsi per la costruzione di una relazione positiva con il mentor. Il secondo Dal sogno al progetto ha un approccio frontale e si pone l’obiettivo di trasmettere le informazioni e gli schemi interpretativi fondamentali e propedeutici alla erogazione di servizi di accompagnamento all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità.
 
Tirando le somme, questa esperienza, riproponibile anche in altre realtà territoriali, ponendosi tra le buone prassi, dimostra, a suo modo, che il progetto Garanzia Giovani può funzionare. Un segnale positivo che si pone certamente in controtendenza rispetto al bilancio negativo della Youth Guarantee ad un anno dalla partenza del Piano (per un approfondimento si veda U. Buratti, G. Rosolen, F. Seghezzi, Garanzia Giovani, un anno dopo. Analisi e proposte, in ADAPT Labour Studies, e-Book series n. 43)
 
Che le attività di orientamento e di formazione siano le offerte più inflazionate rivolte ai giovani del Progetto è noto; almeno stavolta tale dato – solitamente raccolto nell’accezione negativa ossia come mancanza di offerte di lavoro concrete se non nella forma dei tirocini (reali o fasulli che siano) – è letto in chiave positiva come leva per implementare l’autoimprenditorialità ed evitare che competenze elevate, in termini tecnici e di esperienza maturata, restino infruttuose.
 
 
Valentina Picarelli
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo
@valepic86
 
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Garanzia Giovani: quando il manager diventa mentore
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