Flexicurity alla francese: con il CPA-Compte Personnel d’Activitè diritti maturati e competenze seguono il lavoratore nelle transizioni occupazionali

La scorsa settimana, mentre in Italia il dibattito pubblico era concentrato sulla pronuncia di inammissibilità del quesito referendario sull’art. 18, in Francia il Governo lanciava il sito Internet dedicato ad un innovativo strumento del mercato del lavoro, il compte personnel d’activité (CPA), destinato – quantomeno nelle intenzioni del legislatore – a rivoluzionare il sistema di sicurezza sociale francese.

Il CPA è un conto personale che può essere aperto gratuitamente registrandosi sul relativo sito Internet da qualsiasi persona di età superiore ai 16 anni indipendentemente dal suo status (occupato, disoccupato, pensionato, ecc.).

Tale conto ha la funzione di rendere godibili, fungibili e trasferibili, a prescindere dalle vicende legate al rapporto di lavoro, i diritti maturati dai lavoratori lungo tutto l’arco della loro vita professionale in alcuni ambiti specificamente indicati dal legislatore (formazione, congedi, validazione delle competenze, esposizione ai lavori usuranti, ecc.).

L’originalità del CPA sta nel riconoscere l’esistenza di diritti legati alla persona e riunirli in un “conto” con un sistema “a punti” o “a ore”.

Ma vediamo più nello specifico in cosa consiste il conto professionale d’attività.

 

Gli obiettivi del CPA

 

L’obiettivo del CPA è quello di «rafforzare l’autonomia e la libertà di azione» della persona e proteggere il lavoratore lungo tutto l’arco della sua vita lavorativa «sopprimendo gli ostacoli alla mobilità». Inoltre, il CPA contribuisce alla costruzione e al godimento del diritto alla qualificazione professionale nonché al riconoscimento dell’impegno civico.

In questo contesto di promozione della libertà ed autonomia individuale, è il lavoratore stesso, o meglio la persona che si rende “attiva”, a decidere come utilizzare i diritti che ha maturato nel suo percorso professionale.

 

Contenuto del CPA: tre conti in uno

 

Il CPA ricomprende tre distinti conti: il conto personale di formazione (CPF), il conto di prevenzione dei lavoro usuranti (CPP) e il conto per l’impegno civico  (CEC).

In particolare, il CPF permette di contabilizzare i diritti dei titolari del conto in ore di formazione:  24 ore di formazione all’anno per i lavoratori subordinati a tempo pieno sino al conseguimento di un credito massimo di 120 ore.

Il CPP invece trasforma in “punti” i diritti derivanti dallo svolgimento di lavori usuranti (quali trasposto di pesi, lavoro notturno, ecc.). I punti così accumulati possono essere spesi in formazione professionale, per ottenere un part­time (con conservazione della retribuzione) o per anticipare (fino a 2 anni) l’età pensionabile.

Infine, il CEC registra le attività di servizio civile o volontariato permettendo al titolare di conseguire, in ragione delle attività svolte, giorni di congedo o ore da registrare sul CPF.

Il nuovo dispositivo non è esente da critiche: alcuni commentatori sottolineano come più che di nuovi diritti si debba parlare di rimodulazione e accorpamento di dispositivi già esistenti.

Ciò che è certo, però, è che in Francia si inizia a delineare un nuovo paradigma, quello del governo delle transizioni occupazionali, garantendo, da un lato, una continuità dei diritti sociali a prescindere dal regime giuridico del lavoro e, dall’altro lato, una valorizzazione della formazione professionale.

 

.. e in Italia?

 

Uno scenario ancora lontano se si guarda al nostro Paese, dove il sistema delle politiche attive muove oggi i primi passi, pur non essendo mancati nella storia delle recenti riforme esempi di una capacità di innovazione rimasta, purtroppo, sulla carta.

Un primo tentativo di creare uno strumento utile ad accompagnare la persona nelle transizioni occupazionali era stato fatto con il d.lgs. n. 276/2003 (c.d. Legge Biagi) con cui era stato istituito il libretto formativo del cittadino, ora sostituito dal fascicolo elettronico del lavoratore (art. 14 d.lgs. n. 150/2015), che aveva l’obiettivo di registrare le competenze sviluppate dalle persone lungo tutto l’arco della vita (inclusi gli apprendimenti non formali e informali) purché riconosciute e certificate.

Il CPA va, tuttavia, molto oltre, creando un vero e proprio conto in cui far confluire e rendere fruibili, portabili e tra loro fungibili diversi diritti maturati – e non goduti – nel corso delle carriere lavorative.

Guardando oltralpe, anche il Jobs Act, che pure aspirava alla realizzazione di un modello di regolazione del lavoro incentrato sulle tutele sul mercato, pare non sfuggire al destino della flexicurity all’italiana: molta flexibility e poca security, ma soprattutto assenza di una visione e di un progetto innovativo che inizia ad intravedersi in Francia: la creazione di un sistema di tutele per la persona, a prescindere dal suo status e oltre il contratto di lavoro.

 

Federico D’Addio

ADAPT Research Fellow

@federicodaddio

 

*Pubblicato anche su Il Sole 24 Ore, il 20 gennaio 2017

 

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