Expo 2015: le relazioni industriali oltre l’evento

A pochi giorni dall’apertura ufficiale di Expo 2015, il tema delle relazioni industriali torna al centro del dibattito mediatico. Superata la pacata trattativa aziendale, è la sfera politica e sociale ad animare davvero le relazioni sindacali. E se al tavolo di Expo S.p.A. sedevano rappresentanze aperte alla sperimentazione di regole flessibili, i dibattiti recenti investono terreni meno avvezzi ai compromessi.
 
Il perimetro di Rho fiera, del resto, non può esaurire la portata di Expo 2015 né tantomeno contenere il rischio che le controversie insorte altrove, finiscano per ripercuotersi sull’evento. Perché non mancano le ragioni di protesta. Sono cronaca di questi giorni i tentativi di contemperamento tra lo spettacolo inaugurale alla Scala e le celebrazioni per la festa dei lavoratori, così come le proteste contro l’inasprimento delle condizioni di lavoro nei trasporti, dove peraltro si registrano ritardi nel rinnovo del contratto e tagli ai fondi locali. Mentre di pochi giorni fa è la notizia di uno sciopero dei benzinai sulla rete autostradale, programmato per il 5 e il 6 maggio, che spera di sfruttare il grande evento per catalizzare l’attenzione mediatica. Comprensibili, dunque, le preoccupazioni del ministro Delrio e le speranze del sindaco Pisapia circa la tenuta della tregua sindacale, soprattutto nel settore dei trasporti. E c’è chi, tra i frequentatori di Palazzo Chigi, pensa già a nuove regole per i trasporti pubblici, che condizionino la possibilità di indire scioperi a una reale rappresentatività (cfr.  M. Menegotto, Libertà di circolazione e diritto di sciopero. Il ddl Sacconi: un’occasione mancata?). Ma sono le maggiori sigle sindacali, già in una nota ufficiale di aprile 2014, ad opporsi alla prospettiva di modifica della disciplina sulle astensioni nei servizi pubblici essenziali.
 
Eppure, sin dal 2007, Expo S.p.A. e organizzazioni sindacali si erano affannate in un percorso negoziale che aveva portato alla firma di svariati accordi e protocolli. Intese per la pace sociale che, peraltro, l’Ufficio internazionale delle esposizioni aveva indicato come precondizione per l’affidamento dei lavori. Erano state pattuite deroghe alla durata massima dei tirocini formativi, limitazioni alla possibilità di usufruire delle ferie e procedure inedite per il contenimento delle controversie. I sindacati avevano ridimensionato le proprie istanze al tavolo delle trattative, consentendo una flessibilità, che faticano a pattuire ad altre latitudini negoziali. Un modello di contrattazione, quindi, che sembrava preludere al superamento delle contrapposizioni e alla conciliazione nelle relazioni industriali, ma che vede ora, proprio nel conflitto, la prima ragione di instabilità. Le minacce di scioperi di questi giorni sembrano conferire ai lavoratori uno straordinario potere contrattuale, apparentemente eclissato dagli organi di rappresentanza ai tavoli negoziali. Ma quando la posta in gioco è l’immagine dell’Italia, cambiano i rapporti di forza e non bastano le tregue pattuite tra gli addetti ai lavori. È in questo quadro che si inserisce persino l’intervento di Roberto Alesse, presidente della Commissione di Garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, proponendo una modifica legislativa e sanzioni più severe per compensare il diritto alla protesta con le esigenze della collettività.
 
Se le relazioni sindacali in Expo 2015 erano parse, almeno inizialmente, canalizzate verso un esito partecipato, le cronache attuali consegnano un’inaspettata criticità, che nasce proprio dai tratti più sensibili del nostro sistema di contrattazione. Su tutti, il basso grado di esigibilità e certezza delle regole stabilite dall’autonomia collettiva. Che non sia questo il primo vero banco di prova per la tenuta del sistema di relazioni industriali in Expo 2015?
 
Ilaria Armaroli
ADAPT Junior Research Fellow
@ilaria_armaroli
 
Davide Mosca
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Bergamo
@Dav_Mosca
 
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