Dottorati industriali: un nuovo modo di fare università nel XXI secolo

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Bollettino ADAPT 2 novembre 2020, n. 40

 

Nel corso di questi due anni il progetto ha raccolto oltre 425 domande di aziende interessate ad attivare dottorati di ricerca triennali e sono già state finanziate 77 borse di dottorato industriale, in tutte le regioni, per altrettanti giovani ricercatori.

 

Una spinta verso un modello di istruzione innovativo accolta con favore anche dal Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, intervenuto nel corso del convegno di presentazione dell’iniziativa. Il ministro ha affermato che «il dottorato industriale rappresenta una delle linee d’intervento previste nel Recovery Fund, sia per innalzare il livello di competenze dei nostri giovani sia per rispondere alla sfida di spostare il sistema della produzione italiana in una dimensione tecnologica superiore» sottolineando la necessità di un partenariato pubblico-privato utile a rendere «l’attività di ricerca più facilmente trasferibile alle imprese».

 

Il dottorato industriale costituisce infatti un nuovo modo di fare università, in quanto caratterizzato dallo svolgimento dell’attività di ricerca in contesti produttivi reali. Un modello, quest’ultimo, che si discosta però dalla tipologia tradizionale di dottorato c.d. accademico, tutt’ora predominante nel nostro sistema, e che trova ancora qualche difficoltà ad affermarsi nell’immaginario comune come strumento utile alla formazione del singolo per l’ingresso nel mercato del lavoro.

 

Alla luce di queste considerazioni, appare di grande attualità la riflessione sul tema del prof. Tim Blackman che definisce il dottorato industriale «un modello di istruzione superiore coerente con le sfide del XXI secolo in quanto incentrato sulla formazione professionale e sul pensiero progettuale».

 

Nei suoi scritti, Blackman parla del futuro delle economie sviluppate in termini di economie creative, focalizzando l’attenzione sulla necessità di utilizzare la conoscenza, ricombinandola per la risoluzione di problemi concreti in contesti reali attraverso un dialogo continuo tra azioni e idee.

 

Al fine di creare la tanto auspicata commistione tra teoria e pratica, le università dovrebbero riservare maggiore attenzione agli aspetti “pratici” della formazione, lavorando per realizzare quella che viene definita scholarship of application or engagementossia sapere contestualizzato e connesso alle sue implicazioni pratiche.

 

Tuttavia, secondo Blackman, le università non sono ancora riuscite a valorizzare questi aspetti e poca attenzione viene riservata alla formazione professionale come elemento caratterizzante i dottorati industriali, su cui si basa un nuovo tipo di istruzione superiore in grado di considerare gli studenti non solo come ricercatori ma anche come attivi progettisti.

 

Un ulteriore concetto cui Blackman fa riferimento, mutuandolo dall’industria creativa, è il “design thinking”, inteso come pensiero progettuale. Il pensiero progettuale possiede una naturale predisposizione all’azione e riguarda le modalità mediante le quali i progettisti ragionano: l’ideazione di soluzioni praticabili e creative per risolvere problemi concreti e l’attitudine ad esplorare soluzioni alternative che tendono ad apportare modifiche migliorative nella progettazione di prodotti, opere d’arte, servizi o politiche.

 

In sostanza, si parla di un paradigma “user-led” che, contrariamente al metodo scientifico e alle sue varianti, è dipendente dal contesto di riferimento. Il pensiero progettuale è infatti intrecciato al dato esperienziale e di realtà, generando un tipo di conoscenza situata. Pertanto, è proprio in un contesto come quello universitario che la soluzione dei problemi o, per meglio dire, l’attitudine al “problem-solving”, dovrebbe rivestire un ruolo rilevante.

 

Inoltre, se ad assumere particolare valore è la dimensione dell’economia creativa che necessita di uno scambio continuo tra dialogo e azioni, non si può prescindere dall’importanza che assume il lavoro di squadra e per team, ancor di più se caratterizzato da un certo grado di diversità. Le differenti esperienze e i diversi modi di pensare, associati alla diversità di identità, sono in grado di creare comunità di apprendimento composte da persone capaci di comprendere le prospettive altrui. Il prodotto del pensiero progettuale non è necessariamente o esclusivamente il risultato di una ricerca, ma è anche un cambiamento connesso alla dimensione pratica e le esperienze vissute in situazioni di gruppo creano opportunità di supporto reciproco, oltre alla condivisione di conoscenze e competenze.

 

Pertanto, nell’attuale scenario economico, dove l’elemento distintivo non è la conoscenza in sé e per sé, ma la capacità di rielaborare la conoscenza prodotta per creare nuovi scenari futuri e risolvere problemi complessi, occorre invertire l’attuale paradigma: dal dominio dell’università che pratica la ricerca e predica l’insegnamento in termini strettamente accademici bisogna andare verso un modello di università tesa al sapere pratico e alla formazione professionale. È necessario riconsiderare l’opzione del dottorato di ricerca accademico come un percorso specialistico e affermare la centralità del dottorato c.d. pratico supportandone la diffusione e il finanziamento. Maggiori investimenti sono necessari anche per provvedere alla formazione degli insegnanti universitari, di cui bisogna indirizzare capacità e abilità, al fine primario di rispondere alle esigenze del prossimo futuro.

 

D’altronde, quello che si va delineando è uno scenario in cui ad acquisire sempre maggiore centralità sono le tematiche legate all’occupabilità e alle competenze elevate e cognitive, soprattutto in relazione ai progressi tecnologici e all’accesso ai processi di apprendimento e creazione della conoscenza. Uno scenario in cui le università, la formazione superiore, la ricerca e le imprese devono muoversi congiuntamente per affrontare le sfide del XXI secolo.

 

Silvia Rigano

Scuola di dottorato in apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@Siviarigano

 

Dottorati industriali: un nuovo modo di fare università nel XXI secolo
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