Diario di viaggio nel mercato agricolo della Capitanata/1 – Un primo sguardo a un territorio difficile

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Bollettino ADAPT 3 maggio 2021, n. 17

 

Questo diario accompagna il percorso di studio sulla rappresentanza dei lavoratori stranieri in Provincia di Foggia condotto dall’autrice nell’ambito del dottorato di ricerca svolto in apprendistato presso la Fai Cisl di Foggia come operatore sindacale.

 

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La Capitanata, denominazione alternativa della Provincia di Foggia, si estende su 7.000 km² sulla suggestiva pianura del Tavoliere con circa 700 mila ettari di terre racchiuse tra i monti Dauni e il Gargano. Il Tavoliere di Puglia, bonificato in epoca fascista, si caratterizza per un’agricoltura di tipo intensivo che traina l’economia locale. Il territorio, che fino al secolo scorso era caratterizzato da un’agricoltura esclusivamente cerealicola e dalle colture di uliveti e vigneti, oggi è notevolmente cambiato ed è passato dalla successione della monocoltura ad un piano di rotazione in cui si avvicendano diverse colture.

 

Qui l’agricoltura è in continua transizione e, sebbene la produzione del grano sia ancora fondamentale, la produzione più importante è diventata quella del pomodoro, l’oro rosso di Puglia, coltivato su scala industriale, con gravi conseguenze dal punto di vista ambientale e sociale, in parte trasformato nello stabilimento foggiano del colosso inglese Princes Industrie Alimentari.

 

Campo agricolo, Rignano Garganico (Foggia)*

 

La produzione locale è associata a sfruttamento lavorativo e al caporalato e lo dimostrano i numerosi fatti di cronaca che si sono verificati: tra questi, decessi causati da malori durante l’attività lavorativa, morti durante i trasporti con i furgoncini guidati dai caporali (l’ultimo nel 2018 in cui hanno perso la vita 18 braccianti), indagini della Procura e dell’Ispettorato del Lavoro che hanno accertato migliaia di rapporti di lavoro irregolari. I fenomeni di irregolarità vengono favoriti dalla forte presenza sui territori agricoli del Mezzogiorno, tra cui la Capitanata, dei lavoratori immigrati dispersi negli insediamenti informali.

 

Il mercato primario è fortemente influenzato dai meccanismi distributivi dei prodotti che spingono i prezzi verso il basso impattando notevolmente sul costo del lavoro. L’agricoltura è quindi un settore di ripiego per la forza lavoro che difficilmente riuscirebbe a collocarsi in altri settori. I notevoli cambiamenti che hanno interessato la forza lavoro impiegata nelle campagne foggiane riguarda il ritiro delle fasce anziane del bracciantato a cui sono subentrati i lavoratori stranieri prima comunitari e ora extracomunitari.

 

L’incidenza dei lavoratori stranieri e le modalità di accesso al lavoro

 

Su 45.416 lavoratori iscritti negli elenchi anagrafici della Provincia nell’anno 2020 sono impiegati 27.956 italiani, 4.600 africani, 7.699 comunitari, 929 di provenienza mista Est Europa e 550 di altre nazionalità. L’incidenza dei lavoratori stranieri è del 30 % ma bisogna considerare che nell’anno 2020 molti lavoratori non sono riusciti a rientrare in Italia per le raccolte a causa delle limitazioni agli spostamenti dovuti al Covid-19. Prendendo come riferimento l’anno 2019 si conta la presenza di 7.191 lavoratori provenienti dall’Africa e 9.207 i lavoratori comunitari oltre a quelli provenienti dall’Est Europa e da altri territori con un’incidenza del 38% di lavoratori stranieri sul totale dei lavoratori. Dati che risultano in linea con quelli degli anni precedenti e che non tengono conto dei lavoratori irregolari impiegati nelle campagne. Se prima i lavoratori comunitari avevano sostituito i lavoratori italiani, adesso i lavoratori extracomunitari stanno sostituendo i comunitari, che nel frattempo hanno trovato altre occupazioni meno precarie. Questo fenomeno di “sostituzione etnica” è stato determinato anche dal minor costo dei lavoratori stranieri che, a causa di una scarsa conoscenza dei propri diritti e delle regole del mercato del lavoro agricolo italiano, si “accontentano” di retribuzioni inferiori.

 

La flessibilità che caratterizza il mercato rende difficile il collocamento regolare favorendo fenomeni di intermediazione illecita di manodopera e caporalato che interessa soprattutto gli operai comuni.

 

Rignano Garganico (Foggia)

Preparazione di un campo agricolo per la piantagione dei pomodori*

 

L’accesso al lavoro, dopo la soppressione delle liste di collocamento, funziona per assunzione diretta demandata ai centri per l’impiego.  Esiste inoltre la possibilità di utilizzare le liste di prenotazione (istituite presso i Centri per l’impiego consentono al lavoratore di iscriversi dichiarando generalità, periodi lavorati, datori di lavoro presso cui hanno lavorato e datori di lavoro da cui vogliono essere assunti o riassunti) da cui i datori di lavoro possono attingere beneficiando di un sistema di incentivi.

Il malfunzionamento dei centri per l’impiego e il fallimento del sistema delle liste di prenotazione dovuto allo scarso appiglio sulle aziende e sui lavoratori e alla necessità delle aziende di avere a disposizione sul territorio manodopera facilmente reperibile, hanno contribuito a favorire il sistema illegale di reclutamento di manodopera.

 

Nella realtà foggiana il reclutamento avviene attraverso intermediari informali, i caporali, in grado di risolvere tutte le problematiche relative al rapporto di lavoro, capaci di creare in ogni momento squadre da portare sui campi, anche tenendo conto degli eventi atmosferici repentini che possono verificarsi, dotati di mezzi di trasporto per condurre i lavoratori nelle campagne. I caporali sono in grado di offrire un servizio alle aziende che copre tutte le problematiche connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa. La loro opera di mediazione si concentra sulle fasce deboli della popolazione e, nel caso della Capitanata, sui braccianti stranieri e viene favorita dalle caratteristiche strutturali del territorio (aziende decentrate su 700.000 ettari difficili da raggiungere) e dalle condizioni dei lavoratori migranti che dimorano in insediamenti informali, hanno permessi di soggiorno precari, sono poco istruiti sui loro diritti e invisibili per le istituzioni.

 

Il problema del collocamento e dell’intermediazione di manodopera è cruciale, come affermato anche dal prefetto di Foggia in audizione alla Camera dei Deputati l’8 ottobre 2019 per la redazione del piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato. In quell’occasione ha evidenziato come il ricorso ai caporali da parte dei datori di lavoro sia diventata una prassi nonostante dovrebbero essere i centri per l’impiego a costituire il bacino di riferimento dal quale reclutare manodopera in maniera legale.

 

La retribuzione degli operai agricoli e le sfide per la rappresentanza

 

Se il settore ha già una scarsa redditività, la forte presenza di lavoratori stranieri ha contribuito alla determinazione di un meccanismo di retribuzione degli operai agricoli che va sempre più verso il basso.  Per le grandi raccolte (specie per quella del pomodoro) la retribuzione reale è a cottimo, per altre colture viene stabilita per la giornata. La retribuzione media si aggira tra i 3,50 e i 4,50 euro e su una media di 35 euro per la giornata. Il salario viene di fatto determinato dal lavoratore ed eventualmente dal caporale che contrattano direttamente con il datore di lavoro in base alle specifiche esigenze. Queste pratiche illecite sono favorite dalla specificità del contratto agricolo, che prevede che le giornate in cui si lavora realmente vengano dichiarate con denunce retributive e contributive all’Inps prima trimestralmente e ora mensilmente ma comunque dopo lo svolgimento dell’attività lavorativa.

 

Campo di grano, Contrada Biccari (Foggia)*

 

A questo va aggiunto il sistema peculiare della previdenza agricola, che prevede la corresponsione della disoccupazione agricola in un’unica soluzione nell’anno successivo a quello lavorato in base al numero di giornate lavorate.

I lavoratori, quindi, hanno la possibilità di contrattare con il datore di lavoro o un salario più alto e immediato o più giornate nelle denunce inviate all’Inps per percepire importi maggiori di indennità di disoccupazione in base alle specifiche esigenze.

Gli accertamenti svolti a livello territoriale negli ultimi anni hanno evidenziato questi meccanismi di lavoro nero/grigio confermando la media della retribuzione oraria per tutti i lavoratori coinvolti nelle indagini nonché l’illiceità delle pratiche attuate per le giornate in agricoltura (numero di giornate dichiarate inferiori a quelle effettivamente lavorate).

 

In questo contesto disomogeneo e in un tessuto sociale assai disgregato è intuibile la difficoltà in cui operano le parti sociali. Complessa è la sindacalizzazione dei lavoratori stranieri che non risiedono stabilmente nel territorio, mentre la contrattazione provinciale, che dovrebbe costituire la sede privilegiata per la regolazione dei rapporti di lavoro nel settore, non viene rinnovata da diversi anni. Queste criticità e la complessità delle relazioni industriali nella Capitanata saranno oggetto dei prossimi approfondimenti.

 

Francesca Di Credico

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@dicredicofra

 

*Foto credit: Francesca Di Credico

 

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