Damiano: "Mancano ancora i soldi per far partire il Jobs Act"

Approvata la legge delega sulla riforma del mercato del lavoro ora si attendono i decreti. Il primo è atteso prima della fine dell’anno. Facciamo il punto con Cesare Damiano, presidente della Commissione lavoro della Camera ed ex ministro del Lavoro.
 
Il ministro Poletti ha parlato di un sistema misto in cui all’Agenzia nazionale si affianchino le agenzie private. Come potrebbe funzionare?
«Il ministro ha parlato dall’inizio della necessità di dotare il mercato del lavoro di una infrastruttura nuova. Probabilmente con questo termine allude alla istituzione dell’Agenzia nazionale e all’interazione fra ruolo pubblico e privato…».
 
Ma lei è d’accordo con questa impostazione?
«Sì. Ma per arrivare a questo obiettivo occorrono tempi medio lunghi. Ben oltre quelli previsti dagli annunci. Tempi che rischiano di non essere compatibili con la velocità dei risultati che il premier vorrebbe realizzare».
 
Perché parla di tempi mediolunghi?
«Su talune forme di impiego, come l’apprendistato, abbiamo venti mercati del lavoro diversi, tanti quante sono le regioni. E poi non ci sono i database comunicanti all’interno della pubblica amministrazione per condividere domande e offerte di lavoro. Figuriamoci integrarle con quelle degli operatori privati».
 
Ma i soggetti privati, ad esempio università e agenzie per il lavoro, i database li hanno…
«Sì, ma c’è un atteggiamento di gelosia esasperata. Finora nessuno è stato ansioso di condividere le proprie informazioni con altri».
 
E queste resistenze possono far inceppare il meccanismo?
«Se si vuole davvero cambiare verso alle politiche del lavoro dovremmo cambiare la Costituzione per quel che riguarda le materie di pertinenza delle regioni. Dobbiamo assegnare allo Stato una capacità sovraordinata di dare indirizzi validi e vincolanti per tutti. Ha senso parlare di decentramento dell’attuazione e non dei poteri».
 
Tutti si aspettano che il primo decreto delegato riguardi il contratto a tutele progressive. Conferma?
«FilippoTaddei, responsabile economia e lavoro lavoro della segreteria del Partito democratico ha confermato questa scansione: prima il contratto a tutele crescenti, poi l’Aspi, la semplificazione contrattuale, gli ammortizzatori e infine l’agenzia nazionale. Si partirà dai temi che legano l’attuazione della delega alla legge di Stabilità».
 
Ma lei come vede questo intreccio della riforma con la Finanziaria?
«Delega lavoro e legge di stabilità sono strettamente connesse…».
 
Sì, ma lei come giudica l’accoppiata?
«Penso che siano dei bicchieri mezzi pieni o mezzi vuoti a seconda di chi li guarda. Infatti ho trovato abbastanza contradditorio che alcuni miei compagni di partito non abbiano votato la delega lavoro e abbiano detto si alla legge di stabilità. La delega ha tanti difetti, ma anche la legge di bilancio non scherza, a cominciare dalle risorse per gli ammortizzatori sociali aggiuntivi. Risorse che sono insufficienti: mancano all’appello 400 milioni di euro. E gli incentivi previsti per le assunzioni col contratto a tutele crescenti si limitano alle assunzionio del 2015 e cancellano la legge 407 che prevedeva incentivi strutturali».
 
Possiamo davvero pensare che fmiscano lì?
«È un meccanismo che può alimentare atteggiamenti opportunistici con aziende che aprono e chiudono in relazione alla durata degli incentivi. Personalmente questi difetti li vedo ben più pesanti rispetto a quelli rilevati nella delega lavoro».
 
Come pensa possa essere accolto il primo decreto delegato?
«Alla Camera non vogliamo fare i passacarte, vogliamo condividere preventivamente l’indirizzo dei decreti con il governo. E di cose da discutere immagino che ce ne saranno parecchie».
 
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