Dall’apprendista al senior, ecco le regole per i ricercatori

Con i 1.600 ricercatori che a regime lavoreranno all’Human Technopole dell’area Expo di Milano si andrà a creare una delle più larghe concentrazioni di lavoratori della conoscenza in Italia. Non esiste però in Italia una moderna legislazione che regoli l’opera dei ricercatori: i loro percorsi di carriera, il sistema delle gratifiche economiche e professionali, la loro ricollocazione a fine progetto, gli incentivi per chi li assume, la possibilità di lavorare alle dipendenze di reti di impresa/distretti industriali e anche l’eventualità che operino autonomamente a progetto. In più ovviamente le regole dovrebbero rendere possibile attrarre talenti da altri Paesi e/o riportare in Italia i tanti cervelli in fuga di cui si è parlato anche nei mesi scorsi, il tutto cercando di governare almeno in parte quella «globalizzazione della scienza» di cui ha lungamente parlato Roberto Cingolani nel recente forum Ambrosetti che si è tenuto a Cernobbio.

Il modo di fare impresa è cambiato, le organizzazioni si stanno evolvendo e la figura del ricercatore cosmopolita è spesso decisiva per il successo di un progetto scientifico, a patto però dal liberarlo dai vincoli di organizzazioni e regolazioni «fordiste» (si pensi agli orari) non ancora in linea con le trasformazioni del lavoro e con il crescente peso della persona. Da qui l’idea di Michele Tiraboschi, coordinatore scientifico di Adapt e docente di diritto del lavoro a Modena, di stendere un vero e proprio disegno di legge che in soli 9 articoli ridisegni l’identikit del ricercatore.

Va ricordato che purtroppo il nostro Paese è nella coda della graduatoria quantitativa: nel 2013 erano censiti circa 164 mila ricercatori, un numero che ci vede superiori solo a Cile, Turchia e Polonia…

 

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