Da Grom si lavora di più con il sole, primi sì al contratto

La notizia del “contratto-meteo” di Grom, nota catena di gelaterie, sta facendo il giro della Rete e fa discutere. Per la prima volta in Italia, infatti, azienda e sindacati hanno deciso, in accordo, di rendere la quantità di ore lavorate funzionale al tempo atmosferico. Se piove il gelato non si vende, perciò i negozi posso anche restare chiusi: i 750 dipendenti di Grom recupereranno le ore non lavorate nelle giornate soleggiate, quando i 63 punti vendita del gruppo sono di norma chiamati a lavorare a pieno regime. Lo stipendio a fine mese sarà sempre lo stesso, mentre il meccanismo delle ore fatte e da recuperare sarà gestito attraverso una banca-dati aziendale.
 
Troppo audace legare il ritmo di lavoro del dipendente al tempo che fa? No, affatto. Il giuslavorista Michele Tiraboschi invita a non avere «un approccio ideologico» e promuove il sistema individuato dalla società torinese perché «si basa sulla contrattazione collettiva, che è lo strumento più adeguato per stabilire regole del genere». Sono lontani i tempi in cui catene come McDonal’s imponevano ai lavoratori inglesi condizioni talmente penalizzanti da connotare il termine McJob come dispregiativo utilizzato per inquadrare il peggiore dei lavori possibili. «Dieci, quindici anni fa ricorda Tiraboschi nel Regno Unito i dipendenti di McDonal’s era sottoposti alle regole imposte dall’azienda, che erano condizioni “prendere o lasciare”, come quella di essere pagati solo se c’erano clienti». Oggi che il sindacato anglosassone ha saputo farsi largo anche tra i lavoratori di queste catene, l’Italia sperimenta nuove formule che hanno il tratto distintivo di essere condivise dai lavoratori.
 
«Ciò che ha fatto Grom osserva ancora Tiraboschi è un accordo con i suoi lavoratori, un patto che si basa sul consenso e che probabilmente si è reso necessario a causa della crisi. La banca dati consente di gestire le ore, i lavoratori accettano la compensazione e il compromesso funziona». Secondo il giuslavorista «non esiste un limite teorico oltre il quale non si va». «Nel momento in cui chiarisce l’esperto un sindacato rappresentativo sigla un accordo che viene poi ratificato dalla maggioranza dei lavoratori, quell’accordo è valido e funziona. D’altronde le attività stagionali fanno da sempre largo uso del lavoro a chiamata, mentre attraverso questa intesa Grom dimostra di privilegiare il personale a tempo indeterminato, o con contratti comunque più stabili della “chiamata”».
 
Questa intenzione è stata sottolineata a suo tempo anche da Guido Martinetti, fondatore del marchio insieme a Federico Grom: «Abbiamo cercato di privilegiare i rapporti di impiego a tempo indeterminato, pur in tempi difficili». Il sindacato, dal canto suo, si detto soddisfatto del contratto integrativo, che è entrato in funzione questa estate, ma dura tutto l’anno e riguarda ogni tipologia contrattuale (tempo indeterminato e a termine).
 
Certo per i lavoratori non sarà divertente avere più tempo libero quando piove e averne per contro meno nelle giornate di bel sole, ma con un Paese che non riesce a tornare a crescere evidentemente si è pensato fosse prioritario difendere il posto di lavoro. Grom (circa 25 milioni di fatturato) ha negozi a Malibu, New York, Osaka, Parigi e Tokyo, oltre che in tutta Italia, Genova e Sanremo comprese. La decisione di tenere chiuso il negozio o aprirlo spetta al direttore del punto vendita: nulla è centralizzato, anche perché nessuno meglio di chi sta sul territorio sa valutare cielo e previsioni meteo. Su cosa si baseranno le decisioni? Non certo sul caso o sul capriccio di un’esigenza. I direttori dei negozi Grom sono infatti andati a scuola di meteorologia: tre ore di corso tenute da docenti dell’Università di Torino, per imparare a leggere i dati satellitari e capire come evolverà il tempo cercando di calcolare l’attendibilità delle previsioni fornite dai diversi siti internet.
 
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Da Grom si lavora di più con il sole, primi sì al contratto
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