Così germoglia il seme lasciato da Marco Biagi

Nel 1994, vent’anni fa, ero una studentessa di economia e frequentavo, un po’ per caso, il corso di diritto del lavoro che il prof. Marco Biagi teneva con l’aiuto di un giovane ricercatore, Michele Tiraboschi.
 
Le lezioni erano appassionate, quindi coinvolgenti. Ricordo ancora una lezione sulla direttiva europea sui comitati aziendali europei, uscita proprio in quell’anno.
 
La didattica che aveva scelto era innovativa e richiedeva un atteggiamento attivo e partecipativo degli studenti. La possibilità di redigere “tesine” che venivano valutate ai fini dell’esame comportava un maggiore contatto con i docenti e portava a frequentare il loro ufficio della facoltà di Economia.
 
Dopo il superamento dell’esame, gli studenti migliori o comunque quelli più motivati erano invitati a collaborare ad alcune attività. Si trattava di un tirocinio formativo e di orientamento ante litteram. Significava collaborare alla correzione delle bozze della rivista di diritto del lavoro, all’organizzazione dei convegni, e successivamente partecipare ad attività di maggiore contenuto scientifico. Avevamo inoltre la possibilità di utilizzare i computer dell’ufficio (nacque così il mio amore per il Mac), in quegli anni, 1995-96 (sembrano secoli fa), non ancora così diffusi.
 
Frequentare l’ufficio di diritto del lavoro era un modo diverso di essere in università, più consapevole e concretamente formativo. La giornata trascorreva tra la collaborazione alle attività, oltre allo studio per sostenere gli altri esami, la frequenza delle lezioni o la stesura della tesi.
Questo era per Marco Biagi essere un professore universitario.
 
Da “piccoli collaboratori della bottega artigiana” del prof. Biagi non lo vedevamo costantemente, spesso solo al mercoledì, giorno deputato ai consigli di facoltà o di dipartimento. Infatti, in quegli anni era iniziata la collaborazione del prof. Biagi con l’allora ministro Treu. Eravamo quotidianamente seguiti con grande attenzione e disponibilità da Michele Tiraboschi.
 
Eravamo di fatto una piccola comunità, che condivideva esperienze, conoscenze e valori! C’era l’orgoglio di collaborare e supportare nel nostro piccolo persone impegnate in “incarichi importanti”, ma c’era anche il piacere di vivere un’esperienza semplice di studio, di “lavoro” e di amicizia.
 
Ricordo la sera del 19 marzo 2002, stavo lavorando in azienda… venni raggiunta dalla notizia. Non capivo. Ammazzato! Perché? Chiamai le mie ex compagne di università con le quali frequentavo l’ufficio di diritto del lavoro… Scrissi a Michele Tiraboschi testimoniando la mia incredulità e la mia vicinanza.
 
Michele Tiraboschi scriveva nel 2003 in Morte di un riformista: «L’incontro con lui ci ha profondamente cambiati e ha lasciato un seme che presto germoglierà».
 
Quel seme è germogliato.
 
Silvia Spattini
Direttore e Senior Research Fellow di ADAPT
@SilviaSpattini
 
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* Il presente articolo è pubblicato anche in Gazzetta di Modena il 20 marzo 2014.
 
Così germoglia il seme lasciato da Marco Biagi
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