Coronavirus. Con l’epidemia in America la prova decisiva

Il coronavirus non sarà la causa primaria della de-globalizzazione, ma potrebbe costituire un acceleratore di un processo che non solo Trump vuole.

 

L’idea che circola con insistenza secondo cui l’epidemia in atto provocherà la fine del lungo periodo detto di «globalizzazione» (di crescita dell’interdipendenza economica transnazionale) è esagerata. Certamente ha innescato una crisi economica grave (e le crisi economiche, quanto più severe sono, tanto più sono in grado di modificare equilibri e rapporti di forza). Però non conviene scambiare per una causa primaria quello che, al massimo, è solo un acceleratore di una de-globalizzazione che era già in atto per conto suo e per ragioni che con il coronavirus non hanno nulla a che fare. Ricordo che, ben prima che Donald Trump diventasse presidente degli Stati Uniti, l’Organizzazione del commercio mondiale aveva segnalato la preoccupante tendenza (innescata dalla crisi economica del 2007-2008) alla moltiplicazione delle misure protezioniste: minacciati dalla crisi, nel tentativo di salvare i livelli di occupazione, molti Paesi avevano scelto di innalzare barriere e aumentare i dazi…

 

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