Contrattazione collettiva e lavoro agile: il nuovo diritto di precedenza attraverso la lente dei precedenti accordi collettivi

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Bollettino ADAPT 25 febbraio 2019, n. 8

 

Nell’ambito della legge di bilancio per il 2019 (l. 145/2018), al comma 486 del suo unico articolo, è stata realizzata la novellazione della l. 22 maggio 2018, n. 81 in materia di lavoro agile, inserendo il nuovo comma 3-bis all’art. 18. Il contenuto della nuova disposizione riguarda la previsione di categorie di lavoratori che devono diventare destinatari di preferenza in relazione alla possibilità di accedere alle modalità agili di lavoro. Nei loro confronti infatti viene istituito un vero e proprio diritto di priorità. La linea politica adottata pare voler favorire la genitorialità e l’espletamento dei doveri parentali: le richieste presentate da lavoratrici madri nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità di cui all’art. 16 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e da lavoratori con figli in condizione di disabilità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della l. 5 febbraio 1992, n. 104, infatti, dovranno essere prese in considerazione prioritariamente.

 

Tralasciando le considerazioni in merito a funzionalità della norma e completezza dell’enunciato normativo, (già oggetto di indagine da parte di M. Menegotto, Legge di bilancio: (nuovi) diritti di precedenza sul lavoro agile. Prime riflessioni, in Bollettino ADAPT, 8 gennaio 2019 n. 1) pare interessante focalizzarsi su una questione, peraltro non nuova per il tema del lavoro agile: il rapporto tra il nuovo comma 3-bis dell’art. 18 della legge sopra citata e la contrattazione collettiva. Il fenomeno del lavoro agile infatti presenta la caratteristica per cui la sua disciplina è fin dall’inizio risultata contesa tra due formanti normativi -la legge e la contrattazione collettiva-, non sempre sviluppatisi in pieno accordo. Per questa ragione pare interessante prendere in esame accordi collettivi sia stipulati prima dell’entrata in vigore della novella additiva, che prima della stessa legge 81/2017.

 

A scapito del frequente riconoscimento, a livello della contrattazione considerata, del potenziale del lavoro agile anche a vantaggio di una migliore conciliazione delle esigenze di vita con quelle lavorative, emerge nella grande maggioranza dei casi la mancanza di una scelta precisa di categorie di lavoratori destinatari di criteri di priorità. Molto spesso le distinzioni tra quanti possono o non possono essere presi in considerazione per avviare progetti di lavoro agile si fondano sulla tipologia contrattuale (E. Dagnino, M. Menegotto, L.M. Pelusi, M. Tiraboschi, Guida pratica al lavoro agile dopo la legge n. 81/2017ADAPT University Press, 2017). Ma parlando di diritto di precedenza ci si riferisce ad una delimitazione ulteriore; si vuole riscontrare cioè la presenza di criteri che forniscano dei parametri per preferire alcuni lavoratori ad altri, nella platea di lavoratori potenzialmente occupabili in regime di lavoro agile.

Si può anzitutto constatare che, qualora il contratto collettivo preveda una suddivisione in articoli, il diritto di precedenza è disciplinato in quello dedicato ai destinatari delle disposizioni in tema di lavoro agile.

 

Gli aspetti tendenzialmente valutati con maggiore attenzione e considerati come motivi di preferenza sono il maggior tempo di percorrenza casa-lavoro e, nel maggior numero dei casi, le particolari esigenze conciliative dovute a ragioni familiari o alla necessità di sottoporsi a cure mediche, in genere accorpate nella più generica categoria delle esigenze familiari. Queste esigenze di tutela trovano realizzazione e considerazione in modo e misura diversa a seconda dei contratti collettivi, i quali pare possano essere raggruppati in queste macro-categorie: accordi in cui le ragioni che legittimano la preferenza costituiscono veri e propri criteri di accesso alla sperimentazione e accordi in cui i criteri delineati configurano criteri di priorità all’interno di una più ampia platea di lavoratori potenzialmente coinvolta nella sperimentazione. In alcuni casi i criteri di priorità vengono anche sfruttati per misurare diversamente il quantum della prestazione in regime di smart working richiesta ai lavoratori.

Alla prima categoria appartiene il Verbale di Accordo sullo smart working, Chimici Gruppo Eni (6 febbraio 2017), in cui vengono individuati come destinatari le neomamme, i neopapà e i genitori con figlio in adozione o affidamento preadottivo; inoltre in una espressa clausola si riporta che è in corso di valutazione la sperimentazione dello “SW” a vantaggio di soggetti che presentano patologie di una particolare gravità.

 

Nettamente più cospicuo il secondo gruppo, a cui appartengono accordi in cui, ad una più estesa platea di lavoratori di volta in volta delineati, vengono riconosciuti dei criteri di priorità aventi ad oggetto talvolta la rilevante distanza casa-lavoro talvolta le esigenze personali, talvolta entrambe: l’Accordo Smart Working, Credito-Assicurazioni Sara (17 gennaio 2018) istituisce una priorità per tempi di percorrenza casa-lavoro più lunghi; l’Accordo Smart Working, Credito-Assicurazioni Società Cattolica di Assicurazione (3 maggio 2018), precisa di garantire nei limiti del possibile priorità alle Unità Organizzative in cui vi siano dipendenti con comprovate e gravi esigenze di salute proprie o di stretti congiunti; l’Accordo Smart Working, Credito-Assicurazioni Ubi (31 agosto 2018), privilegia le richieste di dipendenti con particolari esigenze come “disabilità, stato di gravidanza, presenza di figli fino a 6 anni o di familiari in condizioni di grave disabilità, figli minori con disagi comportamentali o bisogni educativi speciali o disturbi specifici dell’apprendimento, nonché la distanza rilevante tra residenza e unità organizzativa di assegnazione”; l’Accordo smart working, Agroindustriale-Alimentaristi Barilla (2 marzo 2015), rilevante anche per la precedenza temporale nell’affrontare scelte di questo tenore, riconosce un diritto di priorità allo stato di gravidanza, a dipendenti uomini dalla data di nascita del figlio/a fino al compimento del primo anno di età, all’invalidità superiore all’80% o alle terapie salvavita o ai lavoratori con figlio/a minorenne che sta svolgendo questo genere di terapie; l’Accordo Smart Working, Credito-Assicurazioni Banca del Piemonte (20 gennaio 2017); l’Accordo smart working, Credito-Assicurazioni Crédit Agricole (9 marzo 2017), che riconosce la priorità ai lavoratori che risiedono in luogo rilevantemente distante dalla sede di lavoro, o che presentano esigenze particolari connesse allo stato di gravidanza, alla necessità di cura di figli di età inferiore a 8 anni, a disabilità motorie o gravi problemi di salute; il Verbale di Accordo sullo Smartworking, Zurich (1 giugno 2016), che espressamente riconosce il ruolo dello SW a favore delle future mamme e delle neo mamme, nel loro percorso di mantenimento e prosecuzione del proprio lavoro, senza abbandonare la prospettiva della crescita professionale (nella versione del 29 marzo 2018): questo soltanto come criterio di priorità nella valutazione delle richieste, insieme al caso che queste siano presentate da lavoratori con “comprovate gravi esigenze di salute, proprie o dei familiari, o residenti in zone particolarmente distanti dalla sede di lavoro”; l’Accordo Smart Working, Credito-Assicurazioni Santander (29 maggio 2018), rispetto ai lavoratori con disabilità motorie, gravi problemi di salute, in stato di gravidanza, residenti in luogo distante in modo rilevante dalla sede di lavoro. In questo caso l’impiego della formula “problemi di salute”, non riscontrata a livello di legge, consente una applicazione maggiormente discrezionale ma anche più ampia della norma, in situazioni in cui pur non versando in condizione di disabilità, possano esserci dei profili problematici che il datore di volta in volta potrebbe essere portato a considerare come causa di attribuzione di una priorità.

Nell’ambito del più recente accordo in materia, concluso da Poste Italiane S.p.A. e le rappresentanze sindacali il 23 gennaio 2019, trova letterale applicazione quanto previsto dall’art. 3-bis dell’art. 18 della l. 81/2017. Infine, in posizione in parte isolata rispetto ai contratti su considerati, l’Allegato I- Regolamento Smart Working, Euler-Hermes (15 gennaio 2016), che prevede l’assegnazione di un punteggio (da 2 a 5) per le situazioni che le parti hanno inteso essere più meritevoli di altre all’avvio del progetto di smart working, tra cui la maggiore distanza da casa, la presenza di figli in età scolare, l’assenza di coordinamento delle risorse e l’età anagrafica più elevata.

 

Ci si domanda, legittimamente, quale sia l’impatto della novella normativa sulle clausole eventualmente presenti a livello di contrattazione collettiva: il legislatore non fa alcun riferimento ai contratti collettivi né precedenti né successivi e non prevede alcuna disciplina transitoria, dunque si può desumere che qualora il contenuto della contrattazione collettiva dovesse essere sovrabbondante rispetto al contenuto del comma 3-bis non si porrebbero problemi rilevanti, potendo ricondurre la disciplina contrattuale ad una deroga in melius applicando il principio del favor. Ma nell’eventualità in cui la disciplina dell’accordo risultasse più scarna e non conforme a quella di cui al comma 3-bis parrebbe necessaria una modifica del contenuto dell’accordo, in modo da risultare conforme al dettato normativo. A ben vedere ci sono casi in cui la dottrina mette in dubbio la tradizionale derogabilità in melius della legge da parte della contrattazione collettiva, quando l’intervento normativo non ha la limitata finalità di tutelare la posizione giuridico soggettiva dei lavoratori, ma quella di promuovere un preciso impianto ideologico (M. L. Picunio, La questione relativa agli accordi sullo “smart working” sottoscritti prima dello statuto del lavoro agile, in Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, G. Z. Grandi e M. Biasi (a cura di), Wolters Kluwer CEDAM, 2018). Riconoscere agli accordi collettivi la facoltà di derogare la legge potrebbe in questi casi compromettere il risultato che il legislatore mirava a conseguire. Anche non volendo annoverare il caso di specie tra quelli in cui è preferibile escludere la derogabilità in melius si riconosce talvolta la difficoltà a comprendere se ci si trovi dinanzi ad una vera antinomia e come risulti preferibile risolvere il celato conflitto.

 

L’adozione di una interpretazione in base alla quale le uniche categorie di lavoratori destinatari del diritto di priorità dovessero essere quelli di cui al nuovo art. 3-bis di cui sopra (cfr. Accordo collettivo Poste Italiane S.p.A, 23 gennaio 2019), data la mancata considerazione di situazioni altrettanto bisognose di tutela, risulterebbe rischiosa: la dottrina nettamente prevalente ritiene che una delle più gravi lacune della disciplina sul lavoro agile sia la scarsa, per non dire pressoché nulla, considerazione dell’importanza del ruolo della contrattazione collettiva. Perciò sarebbe auspicabile che il legislatore non avesse deciso di reiterare deliberatamente un errore già commesso nella definitiva formulazione della legge 81/2017.

 

L’importante intervento del legislatore è preferibile dunque lasci spazio ad uno sviluppo della contrattazione collettiva in un’ottica integrativa e di sempre maggior specificazione delle categorie delineate.

 

Giulia Cozzi

ADAPT Junior Fellow

@GiuliaCozzi5

 

Contrattazione collettiva e lavoro agile: il nuovo diritto di precedenza attraverso la lente dei precedenti accordi collettivi