Collaborazioni etero-organizzate e certificazione dei contratti: i possibili effetti della legge n.128/2019 di conversione del D.L. n. 101/2019

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Bollettino ADAPT 4 novembre 2019, n. 39

 

Con la legge n. 128/2019 di conversione del d.l. n. 101/2019 (Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali) il legislatore interviene nuovamente al fine di disciplinare le collaborazioni e lo fa modificando il primo comma dell’art. 2 del d. lgs. n. 81/2015. Di seguito le modifiche apportate.

 

Versione originale dell’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015 Versione dell’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015 in vigore dal 4 settembre 2019 a seguito della approvazione del d.l. n. 101/2019 Versione dell’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015, modificato ed integrato dalla legge di conversione del d. l. n. 101/2019
«A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro».

 

«A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali».
«A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente.
Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali». 

Oltre a comprendere come muteranno le collaborazioni organizzate dal committente, occorrerà definire per quali contratti di collaborazione le nuove disposizioni produrranno i loro effetti, ponendo particolare attenzione alle collaborazioni sorte prima della entrata in vigore della legge di conversione. Infatti, il legislatore non ha introdotto disposizioni di diritto intertemporale, come normalmente è avvenuto per interventi legislativi analoghi (si pensi all’art. 1, comma 25, L. n. 92/2012, che, con riferimento alle modifiche introdotte per le collaborazioni a progetto, specificava: «Le disposizioni di cui ai commi 23  e  24  si  applicano  ai contratti di collaborazione stipulati successivamente  alla  data  di entrata in vigore della presente legge» oppure all’art. 52, comma 1, del D. Lgs. n. 81/2015, che, nell’abrogare la disciplina relativa alle collaborazioni a progetto, si esprime come segue: «Le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003 sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto»), lasciando irrisolti quesiti e dubbi.

 

Mentre ancora la dottrina giuslavorista si interrogava sulla natura del lavoro organizzato e sugli effetti della relativa disciplina, confrontandosi con la poca prassi amministrativa (in particolare v. circolare del Ministero del Lavoro n. 3/2016) e la poca giurisprudenza di merito (in particolare v. sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 26/2019) sul tema, il legislatore è intervenuto per modificare ulteriormente i requisiti della etero-organizzazione. Ai fini della applicazione della disciplina del lavoro subordinato, la prestazione lavorativa, dunque, dovrà essere continuativa, prevalentemente (e non più esclusivamente) personale ed organizzata dal committente, senza che risulti determinante a questi fini la predeterminazione di tempi e luogo di svolgimento della prestazione lavorativa.

 

Con riferimento alla natura prevalentemente personale della prestazione lavorativa, essa si intende tale quando l’apporto del lavoro personale del collaboratore è prevalente rispetto a quello di mezzi o capitali, ma non esclusivo. Dunque il collaboratore può avvalersi di mezzi propri o dell’ausilio di altri collaboratori per svolgere la prestazione, senza che ciò configuri una organizzazione imprenditoriale. Questo elemento, finora considerato proprio del lavoro autonomo, tanto da essere richiesto dall’art. 409, n. 3, c.p.c., rischia di rendere sovrapponibili le due tipologie di collaborazione. Il discrimine, a questo punto, rimane l’organizzazione della prestazione lavorativa da parte del committente.

 

In assenza di previsioni di legge che esplicitino un diverso intento del legislatore, di norma, nell’interpretare la legge, occorrerebbe applicare quanto previsto dall’art. 11 delle preleggi, secondo il quale «la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo […]». Tuttavia, in questo caso, l’operazione interpretativa è complicata dal fatto che l’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015 prevede espressamente che le disposizioni si applichino dal 1° gennaio 2016. Se da un lato la retroattività parrebbe giustificata dall’intento del legislatore di assicurare maggiori tutele ai collaboratori organizzati, dall’altro pone problemi non di poco conto relativamente alla possibilità di accertare la natura etero-organizzata di una collaborazione già in essere.

 

Ad esempio, risulta difficile immaginare le conseguenze con riferimento ad una collaborazione il cui contratto dovesse essere stato certificato da una delle Commissioni di certificazioni di cui all’art. 76 del d. lgs. n. 276/2003. In questo caso sembrerebbe ragionevole ricorrere al principio secondo il quale il tempo regola l’atto. Dunque il provvedimento di certificazione continuerà a produrre i propri effetti anche successivamente alla entrata in vigore della legge in commento. Tuttavia sembra facile intuire che molte aziende rinegozieranno con i propri collaboratori le condizioni contrattuali, sottoponendole eventualmente al vaglio delle Commissioni di certificazione, al fine di non incappare in una disciplina sanzionatoria di cui non si ha ancora una piena cognizione circa la portata. È, altresì, possibile immaginare un nuovo significativo intervento della contrattazione collettiva di cui al secondo comma, lett. a) dell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, cui sempre più spesso le aziende committenti rinvieranno in fase di stipula dei contratti di collaborazione.

 

Federica Capponi

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@FedericaCapponi

 

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