Caso Ponte Morandi di Genova: la flessibilità contrattata in Leonardo S.p.A. come fattore di resilienza

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La storia, passata e futura, dell’industria italiana è profondamente legata al nome di Leonardo S.P.A., il colosso del settore metalmeccanico oramai tra i maggiori competitors, a livello mondiale, nei settori dell’Aerospazio, della Difesa e della Sicurezza, grazie ai suoi “vissuti” 70 anni di storia festeggiati proprio nel 2018.

 

Un punto di non ritorno, in questo lungo percorso di vita, è rappresentato dalla data del 28 aprile 2016, giorno in cui l’Assemblea degli Azionisti cambia la nuova denominazione sociale dell’ente, ribattezzando la precedente “Finmeccanica”: una scelta certamente non casuale che, richiamandosi a Leonardo da Vinci, simbolo universale di ingegno e creatività esteso ad ogni campo del sapere, intende evidenziare il proprio carattere di “italianità” e, al contempo, la propria proiezione verso il futuro, secondo l’insegnamento del Maestro factotum del Rinascimento.

 

Con la nuova denominazione sociale, quindi, Leonardo completa il complesso processo di riorganizzazione, iniziato nel 2015, che segna il suo Rinascimento: non una rinascita, dunque, ma una riorganizzazione di una struttura societaria quanto mai viva che, con l’accordo noto come “One Company” del 2 febbraio 2016, ratificato poi il 14 aprile 2016, ha visto la propria trasformazione da holding finanziaria di mera gestione del gruppo societario a One Company, dunque, un’unica ed integrata società industriale.

 

Custodia del passato e proiezione verso il futuro caratterizzano, pur non esaurendolo, il paradigma operativo di Leonardo: ulteriore peculiarità è infatti la sensibilità rispetto al presente, come confermato dalla resilienza manifestata dall’azienda nel reagire allo sconforto provocato dalla funesta vicenda del crollo del Ponte Morandi nelle vicinanze di Genova del 14 agosto scorso. Il tragico evento, oltre ad aver sconvolto l’opinione pubblica e, ci si augura, smosso le coscienze dei responsabili, ha compromesso fortemente l’intero sistema di viabilità di Genova e dintorni, dilatando significativamente i tempi di percorrenza autostradale. Proprio a Genova Leonardo vanta un’unità produttiva, sita in Via Giacomo Puccini 2, che, pur non essendo rimasta colpita direttamente dai danni provocati dall’“imprevedibile” disastro, ne ha risentito indirettamente, soprattutto rispetto ai tempi di viaggio da e verso la sede di lavoro dei circa 1.770 dipendenti impegnati presso la suddetta sede (su un totale di oltre 45.000 lavoratori) dislocati in tutto il mondo.

 

Per rispondere efficacemente ai disagi derivanti dalla tragedia, Leonardo e le segreterie nazionali di FIM, FIOM e UILM hanno concluso, lo scorso 12 settembre, due accordi aziendali che fanno della flessibilità il principale strumento di resilienza per combattere, con successo, le nefaste conseguenze di un disastro che, rispettando la (triste) tradizione italica, non sembra avere né colpevoli né responsabili. Col fine «di limitare i disagi sofferti dai dipendenti, di contribuire al decongestionamento del traffico urbano e al contempo di garantire il regolare proseguimento delle attività produttive», le parti hanno introdotto determinate deroghe all’accordo “One Company” del 14 aprile 2016 nonché ai successivi accordi attuativi, riguardanti, in particolare, gli ambiti dell’orario di lavoro e dello smart working. Si tratta, in entrambi i casi, di discipline dettate dal carattere d’urgenza ed emergenza che sta interessando l’intera area rimasta coinvolta dal tragico incidente e, in quanto tali, connotate da una natura transitoria che ne limita l’applicazione per soli sei mesi, salvo eventuali proroghe ammesse soltanto se e in quanto perduri detto stato d’emergenza.

 

Per quanto riguarda i limiti tempistici allo svolgimento della prestazione, le deroghe introdotte all’accordo dell’11 febbraio 2016, che conserva vigenza per tutto quanto non espressamente previsto nell’accordo del 12 settembre scorso, non intaccano l’orario normale (per il turno centrale) di inizio lavoro, fissato alle ore 7:45, ma riconoscono ai dipendenti la facoltà di entrare nel sito già a partire dalle ore 6:30, con diritto alla corrispondente retribuzione. Le modifiche alla contrattazione di sito già in essere in materia di orario di lavoro e che già trovano applicazione a partire dall’1 settembre scorso, si esauriscono con la previsione di un consistente ampliamento della fascia di flessibilità oraria giornaliera in entrata e in uscita che, pur continuando ad essere computata dalle ore 7.45, si arricchisce di un’intera ora, passando da 120 a 180 minuti.

 

Altrettanto incisive sono le correzioni apportate alla materia dello smart working o lavoro agile, la cui disciplina contrattata trova sperimentale accoglienza nell’accordo di sito del 10 aprile 2018, il quale mantiene vincolatività per tutto ciò che non viene espressamente preso in considerazione dal recentissimo accordo derogatorio che interviene, in particolare, abbattendo due ingombranti limiti di natura quantitativa. Da un punto di vista soggettivo, infatti, il ricorso al lavoro da remoto non viene più circoscritto a soli 200 dipendenti volontari, ma esteso alla generalità dei lavoratori, previa verifica, naturalmente, della remotizzabilità delle singole attività. Sul piano oggettivo, invece, il limite inizialmente fissato in 4 giornate al mese per un massimo di un giorno a settimana viene significativamente innalzato a 10 giornate intere al mese. «Al fine di agevolare la fruizione dello smart working da parte dei dipendenti e al contempo di garantire il regolare svolgimento dell’attività del sito», si stabilisce che il ricorso a detto strumento avvenga «mediante rotazione per area e nell’ambito dell’unità organizzativa di appartenenza». Tali previsioni hanno acquistato efficacia a partire dalla data di sottoscrizione dell’accordo stesso, ovvero il 12 settembre scorso.

 

Il monitoraggio sull’attività di implementazione delle descritte innovazioni che coinvolgono la disciplina dell’orario di lavoro e quella dello smart working viene affidato ad un’apposita Commissione paritetica, chiamata ad intervenire con cadenza trimestrale.

 

La flessibilità, dunque, assurge ad efficace arma imprescindibile in vista del fine di limitare e sopperire alle nefaste conseguenze provocate dal crollo del Ponte Morandi.

 

Solerte e fattive, pertanto, sono state le rappresentanze sindacali FIM, FIOM e UILM nel porre il problema del congestionamento autostradale rispetto al tratto di viabilità colpito dall’(ennesimo) tragico episodio di negligenza tutta italica, ma fondamentale è stata, altresì, la disponibilità e la resilienza della direzione aziendale di Leonardo S.P.A. nel venir incontro alle esigenze dei propri oltre 1.700 dipendenti impegnati in quel sito, molti dei quali pendolari e, pertanto, fortemente influenzati dalla limitata percorribilità autostradale.

 

Leonardo S.P.A., dunque, conferma la propria indole: gelosa della propria immensa tradizione e volenterosa di rinsaldarla in futuro, non trascura tuttavia il presente, dimostrandosi non soltanto sensibile alle esigenze dei propri lavoratori, ma mantenendo altresì una consapevole visione operativa di breve termine che, abbinata alla programmazione di lunga gittata basata sulla valorizzazione delle eccellenze, sia umane che materiali, si traduce in una solida garanzia di perenne successo.

 

Andrea Tundo

ADAPT Junior Fellow

@tundo_andrea

 

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Caso Ponte Morandi di Genova: la flessibilità contrattata in Leonardo S.p.A. come fattore di resilienza
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