Bancari, un rinnovo all’insegna dell’innovazione tecnologica e dei profili sociali

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Bollettino ADAPT 7 gennaio 2020, n. 1

 

Il 19 dicembre 2019 è stato raggiunto, dopo circa un anno di confronto, ma senza scioperi, l’accordo per il rinnovo del contratto nazionale del 31 marzo 2015 (scaduto il 31 dicembre 2018) per il personale bancario (stimati oggi in poco più di 280000 lavoratori).

 

L’intesa, da sottoporre agli organi dell’Abi ed alle assemblee dei lavoratori a partire dal 20 gennaio, appare ricca e significativa per molti aspetti, ma soprattutto per il fatto di giungere in un momento piuttosto delicato per il settore, tra piani industriali rigorosi e commissariamenti, in un contesto economico generale tutt’altro che tranquillizzante.

 

Da parte di Abi si evidenzia che il contratto è stato profondamente rinnovato, che si guarda al futuro, prendendo coscienza dell’importanza dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione, introducendo ulteriori importanti elementi di flessibilità nella gestione del personale.

 

Da parte sindacale  si sottolineano, con soddisfazione, i punti qualificanti dell’intesa che non si è limitata ad un forte riconoscimento salariale, ma ha introdotto previsioni di valenza sociale e di rilancio della dignità del lavoro, ha regolato il lavoro agile e la disconnessione, ha elevato le tutele professionali dei lavoratori in campo disciplinare e soprattutto ha confermato la centralità del contratto nazionale. E si sottolinea anche ciò che manca nell’accordo come, ad esempio, una disciplina nazionale del lavoro ibrido.

 

L’intesa tocca molti dei temi che i sindacati avevano inserito nella piattaforma ed individua soluzioni pragmatiche su molti aspetti di estrema delicatezza.

 

Anzitutto, in tema di area contrattuale i sindacati hanno ottenuto la garanzia dell’applicazione del c.c.n.l. del credito ai lavoratori addetti ad attività di gestione dei c.d. NPL e/o UTP che siano allocati a società non controllate, purché si tratti di personale già destinatario del predetto c.c.n.l. La tematica riguarda i crediti “deteriorati” e i crediti unilikey to pay, cioè quei crediti che, secondo le banche, difficilmente verranno rimborsati, ad esempio perché associati a posizioni debitorie di soggetti che hanno difficoltà a rimborsare un prestito. La questione, in vigenza del contratto del 2015, aveva destato l’attenzione dei sindacati allo scopo di evitare soluzioni che comportassero l’uscita di dette attività e del relativo personale dal perimetro di applicazione del contratto di bancari. La previsione, in sostanza, generalizza soluzioni già in buona misura adottate da diversi gruppi bancari.

 

Allo scopo poi di individuare una soluzione economica soddisfacente per i sindacati che in piattaforma avevano chiesto un aumento medio di 200 euro, la scadenza del c.c.n.l. è stata fissata al 31 dicembre 2022, cioè un anno in più rispetto al triennio. Ciò ha consentito di individuare spazi che sono risultati di reciproca soddisfazione (secondo i sindacati anche superiori all’inflazione attesa per il periodo): l’aumento medio di 190 euro sarà erogato in tre tranches, la prima di 80 euro a gennaio 2020, la seconda di 70 euro a gennaio 2021 e la terza di 40 euro a fine corsa e cioè nel dicembre 2022.

 

Di significativo impatto positivo sui costi del personale è la proroga della clausola (già presente nei precedenti contratti, ma che mantiene il carattere transitorio) secondo la quale il trattamento di fine rapporto si calcola unicamente sulle voci stipendio e scatti di anzianità.

 

In tema di procedure sindacali nelle ipotesi di ristrutturazioni e/o riorganizzazioni, oltre all’adozione di alcuni correttivi, si prevede che, in fase di stesura del testo coordinato, vengano armonizzate le procedure previste dal contratto in un’ottica di semplificazione già tentata in precedenti tornate contrattuali. Si tratta di procedure di confronto molto importanti perché su tali basi sono stati gestiti numerosissimi processi di trasformazione delle imprese.

 

Attenzione è stata dedicata anche al tema degli appalti, da sempre motivo di divergenze applicative fra le parti, rafforzando anche in questo caso la relativa procedura sindacale e raccomandando alle imprese committenti di introdurre nel contratto di appalto una “clausola sociale”, a garanzia di soluzioni che salvaguardino l’occupazione per il personale già impegnato a tempo indeterminato nel precedente appalto da almeno 6 mesi.

 

Significativa è l’istituzione di un “Comitato nazionale bilaterale e paritetico sull’impatto delle nuove tecnologie/digitalizzazione nell’industria bancaria con funzioni di cabina di regia”. La creazione di tale organismo, che si spera possa avere maggior fortuna di precedenti osservatori fra le parti, è stato fortemente voluto dai sindacati (ne faranno parte gli stessi Segretari generali) e accolto dalle imprese. Obiettivo principale è “monitorare e analizzare le fasi di cambiamento conseguenti alle nuove tecnologie e alla digitalizzazione per elaborare soluzioni condivise da sottoporre alle parti nazionali”.

 

Va peraltro sottolineato come l’eventuale intervento della contrattazione di secondo livello nell’individuazione di nuove figure professionali e del relativo inquadramento sarà sottoposto al “parere favorevole” del Comitato. Questa disposizione – unitamente al depennamento di quella che consentiva all’azienda di proporre ai sindacati intese in tema di inquadramenti in relazione a specifiche esigenze organizzative e/o produttive –  conferma la volontà delle parti di realizzare in materia una vera e propria regia nazionale, evitando “derive” aziendali su una materia tanto delicata.

 

A ulteriore conferma di tale disegno, le parti, nel riproporre il “cantiere di lavoro” nazionale in tema di inquadramenti, che già nella precedente tornata avrebbe dovuto mettere mano al sistema di classificazione del personale, hanno precisato che le competenze del predetto sono dettate anche ai fini dell’individuazione di nuove figure professionali conseguenti alle nuove tecnologie.

 

Per quel che attiene al Fondo per l’occupazione (FOC) si è previsto di innalzare da 3000 euro a 3500 il contributo annuale che, per un triennio, spetta alle imprese che assumano nelle Regioni del Mezzogiorno con più elevati tassi di disoccupazione soprattutto giovanile. E’ stata innalzata anche del 20% il contributo nel caso assunzione di disabili. L’attività di detto Fondo, visti i positivi risultati di un organismo che costituisce un vero e proprio “fiore all’occhiello” per il settore, è stata dunque confermata per tutto il periodo di vigenza contrattuale, rinviando ad un gruppo di lavoro gli opportuni adeguamenti della disciplina. Considerate le ampie disponibilità accumulate dal Fondo Fondo sarà bene che si metta mano rapidamente a tali interventi.

 

Analogo impegno riguarda anche il Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale e per il sostegno all’occupazione. In entrambi i casi si dovrà tenere conto delle modifiche legislative intervenute in tema di solidarietà espansiva e contratto di espansione.

 

Di particolare interesse risulta la introduzione nel c.c.n.l. della disciplina relativa al lavoro agile (c.d. smart working), sulla scorta dei numerosi accordi già stipulati da imprese e gruppi del settore e della legge n. 81 del 22 maggio 2017 (artt. 18-24) che viene espressamente richiamata. La previsione, piuttosto articolata, muove dalla definizione del lavoro agile come forma innovativa e flessibile di svolgimento della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro subordinato, differente dal telelavoro, eseguita in parte in luogo diverso dalla sede di assegnazione attraverso l’utilizzo di appositi strumenti informatici forniti dal datore di lavoro”. Il ricorso al lavoro agile avverrà su base volontaria, ma compatibilmente con le esigenze tecniche, organizzative e produttive aziendali e ferme le priorità previste dalla legge, tenuto anche conto delle condizioni personali e familiari degli interessati. La prestazione in modalità agile sarà possibile presso altra sede/hub aziendale, la residenza o il domicilio del lavoratore, ovvero presso altro luogo stabilito dalle parti collettive, o indicato dall’interessato e preventivamente autorizzato dall’azienda. Ulteriori previsioni regolano poi le modalità di svolgimento della prestazione, nel rispetto delle norme in materia contenute nel c.c.n.l. o negli accordi aziendali o di gruppo, i diritti e doveri delle parti, sostanzialmente quelli della generalità del personale, la salute e sicurezza ai sensi del D.lgs. n. 81 del 2008 e successive modificazioni, la privacy, la formazione ed i diritti sindacali.

 

Tema caldo, anche alla luce di previsioni legislative al riguardo, è risultato quello della “disconnessione”. Anche in questo caso si tratta di previsione indotta dalla generalizzata e crescente diffusione di strumenti tecnologici di lavoro che rende necessario individuare un opportuno bilanciamento tra le esigenze operative aziendali e la vita privata del personale. Profilo più significativo della norma sembra essere quello per cui al di fuori dell’orario di lavoro e delle regole sulla prestazione lavorativa, l’interessato possa disattivare i propri dispositivi di connessione, evitando così la ricezione di comunicazioni aziendali, senza obbligo di attivarsi prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa.

 

In campo economico i sindacati hanno molto insistito per azzerare il gap esistente fra i neo assunti con livello retributivo di inserimento professionale e i destinatari del trattamento economico pieno previsto dal c.c.n.l. La misura, inserita un paio di contratti fa allo scopo di favorire le assunzioni e già ridotta nel contratto del 2015, è stata considerata dalle organizzazioni dei lavoratori particolarmente iniqua. Come già deciso in occasione del predetto contratto del 2015, all’annullamento di tale differenziale provvederà il FOC tramite un importo denominato appunto “integrazione ex F.O.C.”

 

In materia economica una modifica sostanziale è costituita dall’unificazione in un unico livello retributivo della prima e della seconda area professionale, tramite un innalzamento in favore degli appartenenti alla prima. Va detto che ormai sono davvero pochi i lavoratori “superstiti” inseriti in tali fasce inquadramentali.

 

Merita poi di essere richiamata la ricca strumentazione introdotta su numerosi profili di carattere sociale. Possono rientrare in questo novero le disposizioni in tema di part time, di cui si riconosce appunto la valenza sociale, finalizzate ad agevolarne l’utilizzo per i lavoratori con figli conviventi portatori di handicap, o la priorità riconosciuta a chi debba accudire familiari affetti da  patologie oncologiche o cronico degenerative; l’implementazione dei permessi riconosciuti per motivi personali o familiari in situazioni particolari come l’assistenza ai figli in condizioni di disagio (ad esempio bullismo, tossicodipendenza, anoressia o bulimia) o affetti da patologie legate all’apprendimento; le flessibilità di orario per i lavoratori affetti da malattie oncologiche o degenerative o che si sottopongono a terapie salva vita; l’aumento da 12 a 24 mesi dell’aspettativa post periodo comporto in analoghe situazioni; i permessi di paternità; l’inclusione delle persone diversamente abili anche attraverso interventi a favore di una organizzazione aziendale “disability friendly”; la costituzione a livello nazionale della “Commissione politiche per l’inclusione”.

 

Cogliendo l’esperienza già maturata presso diversi gruppi del settore, è stata regolamentata la “banca del tempo”, ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. n. 151 del 14 settembre 2015, nell’ottica di agevolare la conciliazione fra tempi di vita e lavoro e la solidarietà sociale. La banca del tempo costituisce un bacino annuale di ore di assenza retribuita a favore di lavoratori e lavoratrici che, per far fronte a gravi e accertate situazioni personali o familiari, abbiano necessità di un’ulteriore dotazione di permessi. La banca è alimentata tramite il versamento volontario da parte del personale di giornate di ferie dell’anno di competenza eccedenti i minimi di legge, di permessi per ex festività e banca delle ore e di eventuali ulteriori dotazioni aziendali.

 

Un tema che ha caratterizzato le trattative è stata l’insistenza dei sindacati per estendere l’applicazione della tutela reale in caso di licenziamenti disciplinari illegittimi (per insussistenza del fatto contestato o per sua irrilevanza disciplinare) anche ai lavoratori destinatari delle tutele progressive del jobs act. La vicenda si è chiusa, senza vincitori né vinti, ma a fatica, adottando una dichiarazione che, in sostanza, si limita ad auspicare che “nelle sedi competenti si realizzino gli opportuni interventi legislativi a tutela delle lavoratrici/lavoratori” interessati. Nessuna deroga dunque a livello contrattuale.

 

Dopo numerosi tentativi delle imprese risalenti a precedenti rinnovi, si è finalmente messo mano, mitigandone parzialmente la portata, alla norma anacronistica che, salvo casi particolari, impone il consenso del lavoratore al trasferimento: il limite anagrafico è stato innalzato da 47 a 52 anni per i quadri direttivi e da 45 a 50 per le aree professionali, tenendo anche conto dell’innalzamento dei requisiti pensionistici, ancora peraltro piuttosto distanti.

 

Sono stati adottati interessanti ritocchi alla disciplina della formazione del personale e della valutazione dello stesso, nell’ottica di riconoscerne e valorizzarne la funzione “strategica”, l’”efficacia ed effettività” anche nelle modalità “smart learning”, ovvero di formazione a distanza sulla base di possibili intese aziendali che dovranno tuttavia salvaguardare la volontarietà del ricorso a modalità flessibili. Si conferma che il mancato raggiungimento degli obiettivi quantitativi commerciali da parte del personale non determina una valutazione negativa e non costituisce inadempimento del dovere di collaborazione.

 

In allegato al contratto confluiranno due significativi accordi: quello sulle politiche commerciali stipulato il 7 febbraio 2017 e quello sulle “violenze di genere” sottoscritto il 12 febbraio 2109.

 

La delicata situazione nella quale si sono trovati diversi istituti bancari negli ultimi anni è l’aumento dei casi in cui sono risultati coinvolti in procedimenti penali anche diversi dipendenti, ha indotto le parti a estendere ulteriormente le tutele per gli interessati, allo scopo di rafforzarne il diritto di difesa, ad esempio in tema di spese legali a carico del datore di lavoro in tutti i gradi di giudizio. Si è prevista altresì l’aumento da 5 a 7 giorni lavorativi del termine previsto dall’art. 7 della l. n. 300/70 in caso di procedimento disciplinare e la sospensione del relativo periodo in caso di richiesta del lavoratore di documenti relativi ai fatti contestati, fino all’adempimento da parte dell’impresa.

 

In conclusione può osservarsi che si tratta di un contratto significativo, che sarà analizzato nel dettaglio in un e-book ADAPT Press di prossima pubblicazione. Un contratto che ha affrontato e risolto diverse importanti questioni pendenti, ha ampliato diverse tutele a favore del personale, ha posto grande attenzione ai temi dell’innovazione tecnologica ed ai profili sociali, nell’ottica di favorire il “benessere” nel lavoro nonostante le criticità di questi tempi indotte dalle profonde e irreversibili trasformazioni del modo di fare banca. Difficile dire se siano state colte tutte le istanze necessarie allo sviluppo del settore, ma certamente sono stati ulteriormente chiariti i rapporti tra contratto nazionale, che non ne esce indebolito, e secondo livello di contrattazione, forse a prezzo di qualche rinvio.

 

Giorgio Mieli

ADAPT Professional Fellow

Bancari, un rinnovo all’insegna dell’innovazione tecnologica e dei profili sociali