Assegno di ricollocazione: chi tira i dadi?

Sarà capitato a tutti: l’avvocato avrà affrontato le aule di tribunale da imputato o da ricorrente, il medico sarà stato portato in pronto soccorso, l’impiegato del catasto avrà avuto bisogno di una visura e l’insegnante avrà partecipato ansioso alla giornata di ricevimento dei docenti del figlio.

Gli altri siamo costantemente anche noi.

Talvolta pure con qualche contraddizione. Così il tassista che protesta contro la concorrenza anomala di Uber probabilmente in vacanza sceglierà la sistemazione privata di un airbnb che è meno costosa, e l’albergatore  che chiede regole più stringenti per l’airbnb suo diretto concorrente troverà vantaggiose le tariffe variabili di Uber quando non vuole usare la sua automobile. E ancora, il consumatore che sceglie il supermercato che vende ai prezzi più stracciati di tutti, poi, come genitore, si lamenterà per la normativa che consente ai datori di lavoro di pagare il personale (in questo caso il figlio) con voucher, in un circolo poco virtuoso che si alimenta esponenzialmente.

Così vanno le cose in una società destrutturata e modulare.

E sulla destrutturazione del mondo del lavoro nel corso degli anni si è sviluppata una singolare vicenda – che in questi giorni sta esplicando i suoi effetti paradossali – culminata il 28 febbraio con l’Unemployed Day, una giornata della disoccupazione proclamata per richiamare l’attenzione sulla propria situazione da parte di coloro che, con contratti precari, da anni sostengono l’attuazione delle politiche attive per conto del Ministero del Lavoro…

 

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