Apprendistato, la ricetta della Regione Emilia-Romagna – Intervista a Vincenzo Colla

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Bollettino ADAPT 8 febbraio 2021, n. 5

 

Assessore, per l’apprendistato le leggi non bastano: è un sistema che richiede l’intervento congiunto di Regioni e Parti Sociali per la sua corretta implementazione. Qual è stato il principale ostacolo che ha impedito l’implementazione di questo sistema negli ultimi anni? 

 

La Regione ha sostenuto nella condivisione con le parti sociali, a partire dal Patto per il lavoro del 2015, l’istituto dell’apprendistato per garantire un ingresso qualificato dei giovani nel mercato del lavoro. Tale scelta deriva dalle due componenti costitutive del contratto: la componente formativa, accompagnata da un tutoraggio sia da parte dell’impresa sia da parte di un soggetto formativo.
Con il nuovo Patto per il lavoro e per il clima, sottoscritto a dicembre 2020, si è condiviso di confermare quella scelta e un impegno di tutte le parti a promuovere e sostenere l’utilizzo di tale tipologia contrattuale nell’appartato produttivo. Un impegno congiunto a ”Promuovere l’utilizzo delle diverse tipologie di contratto di apprendistato, quale canale di accesso privilegiato al mondo del lavoro, con particolare attenzione a quelle che permettono ai giovani di conseguire un titolo di studio e qualificando la componente formativa dell’apprendistato professionalizzante.”
La Regione ha sempre confermato l’impegno a garantire la componente formativa, a partire dall’apprendistato professionalizzante, che resta lo strumento maggiormente utilizzato, e negli anni ha lavorato per garantire la componente formativa nel contratto di I e III livello e per promuoverne la sua diffusione. Naturalmente il maggiore impegno a garantire gli obiettivi formativi previsti dalle tipologie del I e del II livello determinano un utilizzo, in termini quantitativi, non paragonabile all’apprendistato professionalizzante.

 

Almeno dal tentativo di rilancio intrapreso dall’allora Ministro Fornero, sembra esserci ampio accordo sul fatto che, come anche lei ha segnalato, l’apprendistato abbia perso di fascino. Quali sono i soggetti che è più difficile convincere delle potenzialità dell’istituto oggi? I giovani, le imprese, le parti socialI? 

 

Naturalmente c’è anche una componente “simbolica” nell’utilizzo di tale contratto ma mi pare di poter affermare che le ragioni strutturali che non hanno consentito l’attesa diffusione del contratto di I e III livello abbiano una rilevanza maggiore rispetto alla componente simbolica del termine “apprendistato”.

 

L’apprendistato, soprattutto duale, sembra essere ai margini dell’azione dei sindacati. Dalla nostra analisi dei 100 CCNL più rappresentativi emerge che solo circa il 30% disciplina l’apprendistato duale. Secondo lei, anche a partire dalla sua personale esperienza nell’ambito sindacale, da cosa nasce questo scarso interesse? E cosa potrebbero fare, oggi, le parti sociali, per promuovere questo sistema?

 

Se il riferimento è alla possibilità per giovani di assolvere il diritto dovere all’istruzione e alla formazione, la scelta è stata di garantire una offerta di istruzione e formazione professionale unitaria ma diversificata, realizzata dalle istituzioni scolastiche e dagli enti di formazione, capace di rispondere, attraverso la valorizzazione dell’apprendimento esperienziale, della formazione nei contesti di lavoro, alle diverse attitudini e alle differenti aspettative di tutte le ragazze e di tutti i ragazzi. Come Regione stiamo lavorando affinché i giovani possano incrementare le proprie competenze e conseguire un titolo di specializzazione attraverso un contratto di apprendistato.

 

Lei ha annunciato che la Regione Emilia-Romagna è pronta ad investire per far svolgere in apprendistato gli ultimi anni dei percorsi di Istruzione e Formazione professionale.

 

La Regione ha costruito una filiera formativa di istruzione e formazione tecnica e professionale rispondente alle filiere produttive, che consente ai giovani di costruire un proprio percorso di specializzazione e alle imprese di trovare risposte ai propri diversi fabbisogni di competenze e professionali. In questa logica siamo impegnati per ampliare il numero di giovani che, attraverso un impegno congiunto con le imprese, possano conseguire un diploma professionale dopo la qualifica, un certificato di specializzazione tecnica IFTS dopo un diploma di istruzione e lavorando affinché i giovani che concludono un percorso di ITS possano, attraverso il riconoscimento dei crediti, nella piena collaborazione tra università, Fondazioni ITS e imprese, conseguire una laurea professionalizzante.
Come Regione stiamo definendo una nuova proposta di accreditamento del sistema formativo e una riforma organizzativa dell’Agenzia Regionale del Lavoro, un sistema integrato pubblico/provato in cui il ruolo dell’apprendistato a tutti i livelli favorirà corsie preferenziali formative, normative ed economiche.

 

Qual è l’obiettivo di questo provvedimento, e quali sono i suoi tempi di implementazione?

 

Nel Piano Nazionale Resilienza e Rilancio sono stanziati 600 milioni per l’apprendistato duale con l’obiettivo, si legge, di ridurre “il mismatch tra competenze richieste nel mercato del lavoro e quelle in uscita dai percorsi di istruzione e formazione”. Le risorse del PNRR cosa dovrebbero finanziare quindi secondo lei Incentivi all’assunzione? Fondi per la formazione? Formazione regionale ai tutor per l’apprendistato duale? Basteranno per la costruzione di un vero e proprio sistema dell’apprendistato italiano, capace di integrare sistemi formativi e mondo del lavoro? 

 

Occorre lavorare su tutte le leve affinché le difficoltà organizzative delle imprese nel misurarsi con i contratti di apprendistato a “maggiore impegno formativa” trovino risorse, professionalità e servizi capaci di accompagnare tutte le organizzazioni di lavoro e soprattutto le piccole e media imprese.

 

Lei hai segnalato che l’apprendistato non limita a priori le possibilità di accedere alla formazione terziaria. Anzi l’apprendistato di terzo livello è uno strumento per integrare i percorsi di sviluppo di competenze specialistiche e l’esercizio delle professioni sul campo. Le esperienze di questo tipo sono ancora rare, ma oggi all’orizzonte c’è anche una ulteriore riforma dei dottorati di ricerca. Il Ministro Manfredi ha si è espresso a favore di una maggiore connessione con il mondo delle imprese. Quali sono i principali interventi che andrebbero adottati per favorire la diffusione dell’apprendistato di terzo livello secondo lei?

 

L’apprendistato non solo non limita la possibilità di acquisizione dei titoli universitari, compresi i master e dottorati, ma può concorrere al conseguimento dell’obiettivo di incrementare la percentuale dei giovani in possesso di un titolo di istruzione terziaria, di portare nelle piccole imprese le competenze necessarie a implementare strategie di innovazione per la transizione verde e digitale. L’apprendistato di ricerca è uno strumento per permettere alle PMI di accedere alla ricerca, di valorizzare la capacità delle stesse di contribuire allo sviluppo di nuove competenze e per facilitare il dialogo tra il mondo della ricerca e le imprese ad alto potenziale di sviluppo e innovazione anche se di classi dimensionali contenute. Per questo certamente il coinvolgimento del mondo delle imprese è fondamentale.

 

Francesco Nespoli

Assegnista di ricerca
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@Franznespoli

 

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