Apprendistato e quote di riserva per il collocamento obbligatorio

Il D. Lgs. n. 151/2015 ha apportato alcune rilevanti modifiche alla disciplina del collocamento obbligatorio.

 

In primo luogo è oggi prevista – superando la precedente logica del collocamento numerico – la possibilità di individuazione preventiva da parte dell’azienda del soggetto da impiegare, purché questo risulti iscritto alle apposite liste presso i centri per l’impiego.

In secondo luogo, con riferimento alle imprese che occupino tra i 15 ed i 35 lavoratori dipendenti, si prevede – a decorrere dal 1° marzo 2018 (secondo quanto previsto dal c.d. “decreto mille proroghe” recentemente approvato) – l’obbligo di presa in carico del soggetto tutelato dalla legge 68 anche in assenza della volontà di parte datoriale di procedere a nuove assunzioni.

 

Alle criticità per le imprese dovute a tale riforma, va aggiunta l’interpretazione innovativa fornita dalla Corte di Cassazione (sent. 04 febbraio 2016, n. 2210: l’oggetto del giudizio consisteva nella computabilità o meno degli apprendisti in forza nella quota di riserva al disotto della quale il recesso del datore nei confronti di un rapporto di lavoro con persona portatrice di handicap avrebbe sortito l’effetto di portare l’azienda al di sotto di tale quota, essendo dunque annullabile il licenziamento) circa i criteri di calcolo della quota di riserva ex L. n. 68/1999, con particolare riferimento alla computabilità degli apprendisti. Pronuncia questa, potenzialmente dirompente e tuttavia, ad oggi, non commentata né presa in considerazione nella regolamentazione attuativa.

 

Vengono in rilievo due disposizioni.

L’art. 53 co. 2 del D. Lgs. n. 276/2003 prevede(va) che «fatte salve specifiche disposizioni di legge o di contratto collettivo [corsivo nostro] i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti dalla legge e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative»; d’altra parte l’art. 4 L. n. 68/1999 nell’elencare i tassativi casi di esclusione dalla base di computo non menziona affatto il contratto di apprendistato.

 

La Corte, innovando rispetto alla prassi e agli orientamenti dello stesso dicastero del Lavoro (v. oltre), statuisce come – avendo l’elenco delle esclusioni di cui all’art. 4 natura tassativa, ed essendo privo di un riferimento esplicito all’apprendistato, la cui normativa generale (art. 53 co. 2 della legge Biagi) fa salve le «specifiche disposizioni di legge» – i contratti di apprendistato vadano considerati nella base di calcolo delle quote di riserva. Interpretazione confermata, a parere della stessa Corte, dalla natura di lex specialis della legge 68 e dall’innovazione a suo tempo introdotta: prima del 1999 la normativa escludeva gli apprendisti, con la legge 68 come pure con la riforma Fornero (art. 4 co. 27 L. n. 92/2012) non vengono citati. A nulla valendo la disposizione del Regolamento di esecuzione della L. n. 68/1999 che individua espressamente gli apprendisti tra i soggetti da escludere dalla base di computo, ritenendolo in violazione di legge.

 

Il ragionamento sviluppato dal giudice di legittimità non trova certo limitazioni applicative a seguito della abrogazione delle norme contenute nella legge Biagi in materia di apprendistato, posto che una formulazione identica si ritrova all’art. 47 co. 3 del D. Lgs. n. 81/2015.

 

Invero, il Decreto Direttoriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 33/43 del 17 febbraio 2016, smentisce di fatto la conclusione della Corte, sostenendo come «L’art. 47, comma 3, del D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 ha ribadito quanto già previsto dalla previgente normativa relativamente alla esclusione dei lavoratori assunti con contratto di apprendistato dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti. / Pertanto, tra i soggetti non computabili ai sensi dell’art. 4 comma 1 della legge 68 del 1999, sono da ricomprendere anche i lavoratori assunti con contratti di apprendistato». E a ciò si uniforma, logicamente, il prospetto informativo alla cui compilazione sono tenute le imprese.

 

Se da un lato la Corte di Cassazione ha ritenuto doverosa l’inclusione degli apprendisti nella base di computo finalizzata alla determinazione della quota di riserva, sembrerebbe, d’altro canto ed ai medesimi fini, pacifica l’esclusione degli apprendisti assunti con contratto di somministrazione di lavoro.

 

L’art. 4 L. n. 68/1999 esclude espressamente dalla base di computo «i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore». Tale disposizione, introdotta dalla c.d. riforma Fornero è stata interpretata come l’esclusione dalla base di computo dell’agenzia per il lavoro dei lavoratori somministrati ed inviati in missione presso le diverse imprese utilizzatrici (si veda la nota del Ministero del lavoro del 12 dicembre 2012, n. 17699). In tal caso si fa riferimento all’agenzia “duplice” datore di lavoro, dei propri dipendenti e dei lavoratori assunti con contratto di somministrazione: questi ultimi non vengono inclusi nella base di computo finalizzata a determinare quanti lavoratori disabili l’agenzia dovrà assumere nel proprio organico ai sensi della L. n. 68/1999.

 

Interviene ad escludere i lavoratori somministrati dalla base di computo dell’utilizzatore l’art. 34 co. 3 del D. Lgs. n. 81/2015 che dispone: «Il lavoratore somministrato non è computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini dell’applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. In caso di somministrazione di lavoratori disabili per missioni di durata non inferiore a dodici mesi, il lavoratore somministrato è computato nella quota di riserva di cui all’articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68».

 

Sebbene la prima parte dell’art. 34 co. 3 rechi contenuto simile all’art. 47 co. 3 dello stesso decreto, l’articolo 34 non lascia spazio alla deroga in favore della lex specialis, non contenendo la formula «fatte salve le diverse previsioni di legge o di contratto collettivo».

 

La disposizione dell’art. 34 è stata ripresa quasi integralmente dal c.d. Pacchetto Treu (art.  6 co. 5 L. 196/1997) e dalla legge Biagi (art. 22 co. 5 D. Lgs. n. 276/2003) che già disponevano l’esclusione in via generale del lavoratore assunto con contratto di somministrazione dal computo nell’organico dell’utilizzatore ai fini della applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

 

La novità del D. Lgs. n. 81/2015 in tema di computabilità dei lavoratori assunti con contratto di somministrazione si trova invece nell’ art. 34 co. 3, ultimo periodo, che prevede la possibilità di computare nella quota di riserva dell’utilizzatore i lavoratori disabili assunti in somministrazione con missioni di durata non inferiore a 12 mesi, intendendosi a tal fine una missione continuativa presso il medesimo utilizzatore.

 

L’interpretazione della Corte di Cassazione nella pronuncia commentata, fondata sul valore di lex specialis della L. n. 68/1999 e che ha valorizzato la protezione della persona disabile, meritevole di una protezione rafforzata sul piano lavorativo, potrebbe mettere in discussione uno dei c.d. “benefici normativi” del contratto di apprendistato che sarebbe invece fatto salvo nel caso di assunzioni di apprendisti in somministrazione.

 

Diana Larenza

 Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@diana_lar

 

Marco Menegotto

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@MarcoMenegotto

 

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