Appalti e DURC di congruità: prospettive e dubbi interpretativi della normativa in vigore dal 1° novembre 2021

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 2 novembre 2021, n. 38
 
Lo scorso 1° novembre sono entrate in vigore, per il settore edile, le disposizioni introdotte dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 25 giugno 2021, n. 143, adottato in applicazione di quanto previsto dall’art. 8, comma 10-bis, d.l. n. 76/2020 (il cosiddetto “Decreto Semplificazioni”). Tale provvedimento ha definito un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nell’ambito della realizzazione di lavori edili, andando a recepire quanto previsto dall’ Accordo collettivo del 10 settembre 2020, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative per il settore (e relativa Tabella allegata recante gli indici di congruità).
 
L’art. 2, primo comma, del D.M. n. 143/2021, stabilisce che la verifica della congruità fa riferimento all’incidenza della manodopera relativa «allo specifico intervento realizzato nel settore edile, sia nell’ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguiti da parte di imprese affidatarie, in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione». Il comma 2 prosegue poi chiarendo che «[…] rientrano nel settore edile tutte le attività, comprese quelle affini, direttamente e funzionalmente connesse all’attività resa dall’impresa affidataria dei lavori, per le quali trova applicazione la contrattazione collettiva edile, nazionale e territoriale, stipulata dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». Il Decreto precisa inoltre che tale verifica, da richiedere alla Cassa Edile territorialmente competente, debba essere effettuata, con specifico riferimento ai lavori privati, esclusivamente nel caso in cui il valore degli stessi sia complessivamente pari o superiore ai settantamila euro. Al contrario, in caso di appalto o subappalto pubblico, il rilascio del DURC di congruità è necessario a prescindere dall’importo economico delle attività.
 
Per quanto concerne poi gli effetti prodotti dal DURC in esame, la sussistenza della congruità dell’incidenza della manodopera deve essere verificata con specifico riferimento al singolo appalto o subappalto. Di conseguenza, per le società impiegate in più cantieri, sorge l’onere di rivolgersi alla Cassa Edile per ciascuna delle opere in cui sono coinvolte. Inoltre, nel caso in cui l’impresa richiedente dovesse risultare non congrua e non dovesse provvedere a regolarizzare la propria posizione, l’esito negativo della verifica di congruità sulla singola opera, pubblica o privata, andrebbe ad incidere, dalla data di emissione, anche sulle successive verifiche di regolarità contributiva finalizzate al rilascio per impresa affidataria del DURC on-line (art. 5, comma 6). In altri termini, nel caso in cui la Cassa Edile dovesse emettere in via definitiva un giudizio di non congruità, una simile decisione andrebbe ad incidere anche sulla valutazione della regolarità contributiva dell’impresa.
 
Il provvedimento in esame, che si inserisce nell’ambito di una serie di interventi legislativi finalizzati alla tutela del lavoro in caso di esternalizzazioni (si pensi, in particolare, a quanto previsto anche dal d.l. n. 77/2021, poi convertito dalla l. n. 108/2021 in materia di subappalto pubblico, così come approfondito in G. Piglialarmi, R. Schiavo, La nuova disciplina del subappalto nei contratti pubblici, in Bollettino ADAPT 2 novembre 2021, n. 38), ha il chiaro intento di contrastare lo sfruttamento della manodopera nel settore, vincolando le aziende al rispetto di una serie di requisiti minimi la cui sussistenza deve, di volta in volta, essere valutata dalla Cassa Edile territorialmente competente. Tuttavia, sebbene l’obiettivo delle parti sociali, poi recepito dal Ministero del Lavoro, fosse evidentemente quello di limitare il dilagare della contrattazione pirata nel settore, non è possibile trascurare come la disciplina entrata in vigore il 1° novembre lasci spazio ad alcuni dubbi interpretativi.
 
Il quesito che sorge è, in particolar modo, relativo all’ampiezza degli obblighi introdotti dall’intervento normativo del giugno del 2021. Ciò che suscita particolari perplessità rispetto alla novella normativa è la poca chiarezza rispetto alla gestione di quelle imprese che, pur afferenti ad un settore differente (e che applicano un CCNL differente da quello del settore edile), realizzino in appalto o subappalto attività edili, di natura meramente accessoria e/o residuale rispetto all’attività propria prevalente. Un dubbio interpretativo che si va ad intensificare se si considera che, recentemente, la Corte di Cassazione (Cass. 26 maggio 2020, n. 9803) ha sancito l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa Edile anche per un’impresa che, pur essendo classificata diversamente ai fini ISTAT, svolga di fatto attività di natura edile o, comunque ad essa ausiliaria (anche se residuale) nell’ambito di un contratto di appalto pubblico. In altri termini, queste imprese, che non sono per tipicità e attività svolta inquadrabili come edili, devono ugualmente richiedere il DURC di congruità? E la richiesta può essere formalizzata anche se il CCNL applicato non è quello edile ma quello dell’attività principale e/o prevalente?
 
Sebbene la questione non sia di facile soluzione e le posizioni nel merito non siano univoche, provare a fornire una chiara risposta sul punto risulta essere indispensabile per tutte quelle imprese, soprattutto metalmeccaniche, che potrebbero trovarsi, in futuro, nella condizione di dover realizzare opere edili di marginale entità, senza che ci sia chiarezza rispetto agli oneri cui adempiere. Un utile punto di partenza per ragionare su possibili interpretazioni della tematica in esame potrebbe essere rintracciato nella posizione assunta dal Ministero del Lavoro con l’Interpello 23 dicembre 2008, n. 56. Quest’ultimo, chiamato ad esprimersi rispetto alla «sussistenza o meno dell’obbligo di iscrizione alle Casse edili da parte delle imprese di installazione di impianti che applicano il CCNL del settore metalmeccanico e partecipano a gare per l’affidamento di lavori pubblici», è giunto alla conclusione che siano escluse dall’obbligo di iscrizione alla Cassa Edile «le imprese rientranti nell’ambito di applicazione del CCNL metalmeccanico o altro anche se operanti nelle realtà di cantiere. Così come sono escluse dall’obbligo le imprese che seppur inquadrate nel settore edile o che applicano il CCNL dell’edilizia, non occupano operai da denunciare alla Cassa edile, ma esclusivamente personale amministrativo o tecnico». Analoga tematica è stata poi oggetto di interesse anche successivamente. Con l’Interpello 1° agosto 2012, n. 18, ripercorrendo la propria posizione del 2008, il Ministero del Lavoro ha confermato che nel caso specifico di azienda che applica il CCNL metalmeccanico e che effettua lavorazioni tipiche di tale settore non sembrano sussistere obblighi di versamento alla Cassa Edile pur se contemporaneamente vengono svolti lavori edili che, presumibilmente, seppur connessi all’attività prevalente, risultano meramente accessori. Nell’argomentare la propria posizione, il Ministero ricorda che per le imprese che applicano il contratto della metalmeccanica può essere previsto un esonero dall’iscrizione alle Casse Edili in considerazione della non riconducibilità dell’attività svolta dall’impresa tra quelle rientranti nello specifico settore edilizio. A ciò si aggiunga che, per la risoluzione della questione sollevata, a detta del Dicastero, «rileva l’intera situazione aziendale e quindi l’impresa risulta assoggettata ai soli versamenti inerenti all’attività prevalentemente svolta».

 
Una posizione, quella assunta dapprima nel 2008 e successivamente nel 2012, che potrebbe essere utile anche per chiarire l’ambito di applicazione del Decreto che ha introdotto il DURC di congruità per il settore edile. Infatti, applicando per analogia anche al caso di specie la ratio che ha guidato il Ministero in passato, si potrebbe presumibilmente arrivare a sostenere che la verifica della congruità debba essere richiesta alla Cassa Edile territorialmente competente esclusivamente da imprese afferenti al settore edile e che, nell’ambito dello stesso, pongono in essere la propria attività prevalente. Sarebbe così possibile avanzare, specularmente, l’ipotesi che le imprese metalmeccaniche (così come tutte quelle che, pur non appartenendo al settore edile, realizzino esigue attività in edilizia) non siano tenute ad adempiere agli obblighi introdotti dal Decreto del Ministero del Lavoro n. 143/2021, anche qualora dovessero realizzare saltuariamente opere qualificabili come edili. Ciò naturalmente a condizione che queste ultime siano residuali e del tutto marginali, accessorie rispetto a quella che è l’attività svolta dall’azienda in via prevalente. Da ultimo, nel rispetto della ratio della normativa attualmente vigente, è da ritenersi in ogni caso opportuna per le imprese l’applicazione di un CCNL siglato da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative (anche se non specificatamente quello dell’edilizia).
 

Irene Tagliabue

Assegnista presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@TagliabueIrene

Appalti e DURC di congruità: prospettive e dubbi interpretativi della normativa in vigore dal 1° novembre 2021
Tagged on: