Almaviva Roma, la crisi dei call center mette in ginocchio la generazione 1000 euro. “Servono nuove regole”

Il caso Almaviva è solo l’ultimo di una crisi che a Roma coinvolge sempre più aziende di call center, un settore che in poco tempo è passato da oltre cinquemila lavoratori a meno di duemila. Tutto è iniziato tre anni fa con la crisi dei francesi di Teleperformance, che ha licenziato 350 persone dopo aver perso le commesse con Eni e delocalizzato in Albania.

Nei mesi scorsi Gepin Contact ha mandato a casa 150 dipendenti e altri duecento sono senza stipendio da mesi: la crisi è nata con il nuovo bando di Poste Italiane, principale committente della società, assegnato a un ribasso del 30%, insostenibile per garantire il lavoro a Roma. Non a caso il bando è stato vinto da una società di Reggio Calabria. Ma le altre aziende non stanno meglio: Icare ha avviato una cassa integrazione per circa 100 lavoratori e anche la cooperativa Capodarco, che gestisce tutto il Recup, il call center della sanità regionale, sarà costretta a fare un taglio di almeno 100 dipendenti perché, in base al nuovo bando sugli sportelli ospedalieri, dovrà coprire anche Tivoli e Viterbo, oltre Roma, con gli stessi importi finanziari. E di recente persino Wind ha dovuto avviare i contratti di sussidiarietà e incentivi per la mobilità anche se la recente fusione con 3, che ha portato il gruppo a essere il primo in Italia per telefonia mobile, ha scongiurato al momento esuberi e tagli ai posti di lavoro…

 

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