ADAPTability/12 – Le competenze digitali nel mondo del lavoro

Nel recente film Her, il protagonista, oltre a dettare a un computer lettere per conto dei clienti o scaricare la posta elettronica personale, scopre che il Sistema Operativo custodisce una realtà con la quale inizia a confrontarsi giornalmente, finendo per instaurare un rapporto che, nel corso di breve tempo, acquista i contorni di una vera e propria relazione affettiva. Pur senza voler accogliere in ogni suo aspetto la provocazione contenuta nel film californiano, va rilevato che, da diversi anni, conoscere a fondo i dispositivi tecnologici e, di conseguenza, possedere competenze digitali, sia diventato essenziale per fronteggiare molti aspetti della vita quotidiana.
 
Le TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), infatti, preparano le persone a un’attiva e consapevole partecipazione a un mondo in rapida evoluzione, dove il lavoro e le altre attività dell’uomo sono in costante divenire, grazie all’accesso a sempre nuove e varie tecnologie.
E’ quindi importante capire cosa siano le competenze digitali, definendo altresì i criteri con i quali misurarle. La situazione europea necessita di un esame accurato, che può esser svolto mediante l’analisi delle diverse iniziative di sviluppo elaborate, fra le quali l’Agenda Digitale per l’Europa.
 
Concettualmente, le competenze digitali consistono nella capacità di utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Esse sono determinate da due dimensioni: gli strumenti, concernenti la disponibilità ad accedere alle ICT, cioè computer, smartphone, tablet e altri dispositivi che consentono l’accesso a Internet e la competenza individuale, riguardante la capacità pratica di usare i dispositivi, nonché di saper apprendere, comunicare e partecipare alla vita sociale.
Nel 2010, Van Deursen ha definito quattro aree in cui le persone possono trarre vantaggi personali dall’uso di Internet: sociale, economica, politica e sanitaria (A. J. A. M. Deursen, Internet Skills. Vital assets in an information society, University of Twente, 2010).
Come riportato nella tabella sottostante, le quattro aree citate possono essere cosi descritte: nell’area sociale, il focus è stato posto sullo sviluppo delle relazioni interpersonali attraverso l’utilizzo delle ICT per alcune tipologie di persone (ad esempio lavoratori in luoghi isolati) che trovano difficoltà a interagire con la società; nell’area economica, invece, sono costatabili sia i vantaggi legati all’occupabilità sia i benefici indirizzati alle modalità di acquisto dei consumatori; nell’area politica, al contrario, i vantaggi vengono riferiti all’informazione, in cui l’utilizzo di Internet rende gli utenti sempre aggiornati sulle «notizie dell’ultima ora»; infine, nell’area sanitaria, l’uso di Internet da parte degli utenti ha reso disponibili molte informazioni concernenti l’ambito medico.
 
Tabella: I vantaggi dall’uso di Internet
 

AREA BENEFICI
Sociale Mezzo di comunicazione per le persone che non sono in grado di interagire socialmente (ad esempio gli anziani, i lavoratori in luoghi isolati o familiari lontani gli uni dagli altri)
Economica I lavoratori con competenze digitali hanno un migliore accesso ai posti di lavoro desiderabili e una retribuzione migliore. Inoltre, i consumatori sono in grado di cercare prezzi più bassi e acquistare o vendere prodotti e servizi attraverso vari canali on – line.
Politica Gli strumenti digitali e i media offrono una vasta gamma di risorse che permettono alle persone di accedere alle informazioni up-to-date e quindi essere meglio informati sugli eventi in corso nel loro paese e nel mondo.
Sanitaria Utili informazioni sulla salute sono disponibili online e questo rende le informazioni accessibili a tutti gli utenti.

 
Gli strumenti principali a cui far riferimento per la misurazione delle competenze digitali sono: 1) questionari, utilizzati per raccogliere informazioni su supporto cartaceo, online o nei sondaggi telefonici, potendo avere una griglia guidata o criteri specifici per la valutazione; 2) disposizione di analisi specifiche delle attività digitali, strumento più oggettivo per la valutazione delle competenze, ma più laborioso e, quindi, tipicamente impiegato per piccoli gruppi di persone e in ambienti specifici di ricerca; 3) raccolta di dati e analisi, concernenti questionari d’indagine per esperti o per i vertici, in grado di fornire informazioni circa la disponibilità e l’utilizzo di strumenti digitali e dei media negli ambienti lavorativi.
 
Prendendo in considerazione alcuni dati numerici, in conformità a quanto detto, la Commissione europea ha previsto che, entro il 2015, i dispositivi con connessione senza fili saranno 25 miliardi nel mondo, raddoppiando a 50 miliardi nel 2020, mentre tra il 2012 e il 2018 il traffico mobile di dati aumenterà di dodici volte e il traffico dati su smartphone crescerà di 14 volte entro il 2018. Proprio per questo, è stata adottata, nel 2010, l’Agenda Digitale Europea, come parte integrante della strategia Europa 2020, per stimolare l’economia digitale attraverso misure complementari che si sostengano reciprocamente nei seguenti obiettivi: potenziare l’economia digitale europea senza frontiere; accelerare l’innovazione nel settore pubblico; riconquistare la leadership mondiale per i servizi in rete mediante la promozione degli investimenti privati nelle reti fisse e mobili a banda larga ad alta velocità; promuovere un ambiente internet sicuro e affidabile per gli utenti e gli operatori; istituire un contesto con condizioni coerenti per i servizi di cloud computing in Europa; creare un contesto favorevole alla trasformazione delle imprese tradizionali, promuovendo iniziative imprenditoriali innovative basate sul web; attuare un’ambiziosa strategia politica e di innovazione per la competitività industriale basata sul finanziamento delle tecnologie abilitanti.
 
Lo studio sulle competenze digitali elaborato all’interno del progetto dell’Agenda Digitale Europea (sul sito http://ec.europa.eu/digital-agenda/en) ha permesso di approfondire le loro ricadute nella vita ordinaria e, soprattutto, nel mondo del lavoro del vecchio continente.
Preliminarmente, occorre precisare che lo studio, completato nel 2012, ha illustrato l’incidenza delle variabili socio-economiche, costituite dall’età, dal sesso e dall’istruzione, sulle competenze digitali, delineando un triplice profilo di interferenza: l’età anagrafica è inversamente proporzionale all’acquisizione di competenze digitali, nel senso che quanto minore è la prima, maggiore è la crescita della seconda; soprattutto tra i giovani, gli uomini prevalgono ancora sulle donne, malgrado il recupero del divario da parte di quest’ultime; il livello di scolarizzazione e istruzione in senso lato favorisce sviluppo delle competenze digitali, con un preoccupante rischio di isolamento ed emarginazione sociale dei soggetti con scarsa istruzione.
Accanto alle variabili riportate, da questo studio è emersa inoltre, a livello europeo, una significativa correlazione tra la densità di popolazione della città in cui vivono i soggetti e le competenze digitali dei medesimi, nel senso che quest’ultime aumentano nelle aggregazioni urbane più sviluppate.
Appare in ogni caso degno di nota il dato per cui fra i giovani europei – e al netto delle inevitabili differenze tra una minor incidenza nei Paesi dell’Europa settentrionale e, viceversa, maggiore in quelli meridionali del continente – il digital divide riguarda, più che la possibilità di accesso a internet ovvero al pc, la sua frequenza e la capacità di avvalersi criticamente e con coscienza di tali strumenti. Questi ultimi, tuttavia, anche nei casi di approccio confidente, responsabile, critico e consapevole (pari all’11%), non appaiono svolgere un significativo contributo nella ricerca del lavoro, malgrado dal prossimo anno saranno richiesti 700.000 posti di lavoro nell’area dell’Information Tecnology. Ciò in quanto, in base alla predetta ricerca, la maggioranza della popolazione europea preferisce ancora avvalersi degli strumenti digitali esclusivamente per reperire informazioni sui servizi e/o sui prodotti, piuttosto che anche per uso professionale.
Tale approccio rischia di esser riduttivo: le competenze digitali, infatti, costituiscono il presupposto affinché il principio del Life Long Learning – ovverosia la formazione permanente posta alla base dell’effettiva crescita delle persone tanto nell’ambito di vita sociale quanto in quello professionale – trovi fattiva attuazione. Oltrepassando per un attimo (e di qualche meridiano) i confini europei, è possibile notare come la situazione sia oltremodo differente: nel Queensland, in Australia, il Dipartimento di Istruzione, Formazione e Occupazione del Governatorato studia, da anni, la crescita delle competenze digitali, rilevando, per dirla con le parole del Consiglio Ministeriale per l’Istruzione, la Prima Infanzia e la Gioventù (Ministerial Council for Education, Early Chilhood Development and Youth Affairs, MCEETYA), che per imparare proficuamente a scuola e oltre (i.e. nel mondo del lavoro), occorre che gli studenti, appropriatamente considerati futuri lavoratori, diventino creativi e fecondi utenti della tecnologia, non essendone sufficiente un uso, per così dire, passivo, o declinato in un’ottica prevalentemente personale e/o sociale. Sulla base del dato empirico osservato nelle proprie ricerche, il MCEETYA ha individuato altre competenze per cui l’uso delle TIC si rivela particolarmente utile: tali competenze consistono nella capacità di informarsi, di creare e comunicare, pubblicare contenuti editoriali e gestire eticamente le TIC. Appare quindi evidente come una seria politica di crescita delle competenze digitali sia utile e al contempo necessaria per formare la persona, affinché possa orientarsi al meglio nel mondo 2.0, sapendo altresì cogliere le numerose opportunità emergenti.
 
Oltretutto, se dal 2015 il 90% dei lavori richiederanno competenze digitali, è indubbio come queste debbano necessariamente aggiungersi alle competenze fondamentali finora acquisite. Infatti, se ai primi del Novecento l’alfabetizzazione – saper scrivere, leggere e far di conto – costituiva per ciascuno l’approdo necessario ad accedere ai livelli di inserimento e crescita sociale ed economica, e fino a ieri è bastato accrescere il bagaglio strumentale aggiungendovi l’uso del pc, oggi, ma ancora di più domani, tutto ciò non appare sufficiente, essendo al contrario importante sviluppare le competenze digitali, ritenute fra le otto essenziali capacità di cui gli individui di una società con conoscenze di base devono esser dotati, come peraltro sottolineato anche dal Parlamento e dal Consiglio europeo.
 
Il predetto studio europeo ha pertanto chiarito che soltanto il 53% della popolazione europea ha sufficienti competenze digitali per cercare ovvero cambiare il proprio lavoro: tale dato, inevitabilmente, raggiunge il 70% in Finlandia, Svezia o Danimarca e staziona intorno al 40% in Grecia, Italia e Portogallo. Inoltre, poiché lo scarso sviluppo delle competenze digitali riposa sull’esiguo interesse verso le tecnologie informatiche mostrato dal campione, è inevitabile concludere che la percezione dell’importanza dell’acquisizione delle competenze digitali anche nel settore professionale rappresenta l’imprescindibile obiettivo che l’Europa deve realizzare anche per poter esprimere un ruolo ancora decisivo nell’odierna complessità globale.
 
Peraltro, l’Unione Europea ha sempre rilevato l’importanza della certificazione delle competenze informatiche, rendendole essenziali per lo sviluppo economico e sociale dei singoli paesi europei: proprio per questa esigenza, è stata istituita la Patente Europea del Computer (ECDL), un attestato che certifica il possesso della competenza informatica di base. Per conseguirla si deve possedere la Skill Card (valida per tre anni dalla data del rilascio) e sostenere un esame in un qualsiasi Istituto, certificato da AICA. Oltre al primo livello di certificazione, chiamato ECDL Core, esistono altri due livelli avanzati ECDL Advanced e ECDL Specialised. Dal 2013, è in vigore la “Nuova ECDL”, una famiglia di certificazioni destinata a sostituire progressivamente gli attuali attestati che restano in vigore fino al 30 giugno 2014. L’obiettivo che l’Unione Europea si è posta con questa certificazione è quello di elevare il livello di competenza informatica, aumentando il livello di produttività di tutti coloro che hanno bisogno di usare il computer e fornendo, al contempo, una qualificazione che consenta a chiunque di essere parte della Società dell’Informazione.
 
Oltre alla certificazione delle competenze digitali, la Commissione europea ha elaborato una serie di iniziative in considerazione della natura autodidattica dell’apprendimento europeo delle competenze digitali nonché dell’obiettivo di incrementare al 75% dell’uso regolare di internet e di uso di strumenti digitali già dal prossimo anno. Meritano menzione l’organizzazione di Get on line week e la e-skills week, settimane dedicate all’uso degli strumenti digitali, l’individuazione di Digital champions, ovverosia di soggetti con elevate competenze informatiche, che dovrebbero interagire e lavorare in ciascuno Stato membro, le Class creative, volte a diffondere l’innovazione nell’apprendimento e insegnamento tramite detti strumenti, nonché le Open Educational Resoucers, per condividere idee, conoscenze e competenze nell’intero continente a livello educativo, occupazionale, di politiche del lavoro e di impresa.
L’obiettivo della Commissione europea, infatti, è il «ritorno a un lavoro ricco», consistente nel potenziamento dei tassi di occupazione tramite la crescita dell’IT: il successo della strategia di crescita Europa 2020 dipenderà dalle abilità, competenze e intraprendenza della forza lavoro europea, essendo emerso dallo studio che i soggetti «digitalizzati» riscontrano una maggiore probabilità di esser nuovamente impiegati nell’ipotesi di perdita e/o cambio di lavoro.
 
Da quanto detto, è possibile concludere che le proposte avanzate dalla Commissione evidenziano gli ostacoli concreti che si frappongono alla trasformazione digitale dell’Europa e potrebbero mettere in discussione sistemi e interessi esistenti. Sottoscrivere le proposte da parte della Commissione europea significa quindi impegnarsi a eliminare gli ostacoli, dando la priorità alla prosperità e al benessere della popolazione, le cui competenze digitali vanno incrementate, posto che offrono importanti benefici, potendo la loro assenza determinare rischi di isolamento per i soggetti svantaggiati.
 
Giovanna Carosielli
@GiovCarosielli
 
Fabiola Silvaggi
@FabiolaSilvaggi
 
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
 
 



* Il presente articolo è pubblicato anche in Il Sole 24 Ore, Le Aziende InVisibili (Il blog di Marco Minghetti) del 30 aprile 2014.
 
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